“Ero drogato e ubriaco”, resta in carcere l’automobilista che ha investito e ucciso un giovane in monopattino

Il gip di Milano Tommaso Perna ha convalidato l'arresto eseguito dalla Polizia locale e disposto la custodia cautelare in carcere per il 29enne che tre giorni fa, in via Beldiletto all'angolo con viale Famagosta, ha travolto ed ucciso un 30enne in monopattino ed è scappato.

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Il gip di Milano Tommaso Perna ha convalidato l’arresto eseguito dalla Polizia locale e disposto la custodia cautelare in carcere per il 29enne che tre giorni fa, in via Beldiletto all’angolo con viale Famagosta ha travolto ed ucciso un 30enne in monopattino ed è scappato. “L’indagato ha ampiamente mostrato di non essere in grado di rispettare alcuna prescrizione e regola di civile convivenza, oltre che giuridica e, prima ancora, di banale umanità” scrive il giudice.  Il giovane, scrive il gip nel provvedimento, “si è posto alla guida in stato di intossicazione dovuto al pregresso consumo di cocaina e bevande alcoliche e, peraltro, senza essere munito della patente per essergli stata revocata con decreto del Prefetto di Milano”.

“lo prima dell’incidente avevo assunto sia alcool (birra) che cocaina (…) Ero ubriaco e quindi non vedevo lucidamente (…) Avevo la patente sospesa è vero. È una colpa che mi assumo”. Così il 29enne ha ammesso le sue responsabilità nell’interrogatorio di ieri, assistito dall’avvocato Fabio Ambrosio, davanti al gip. “La prima volta me l’hanno sospesa per stato di ebbrezza – ha messo a verbale il giovane – A maggio 2022 mi hanno sospeso la patente perché giravo con il permessino che era scaduto. Adesso è revocata. Ero affidato in prova al servizio sociale con obbligo di dimora e divieto di uscire dalle 22 alle 6 del mattino”. E ancora: “Ero in panico soprattutto per l’affidamento e soprattutto non credevo di avergli tolto la vita. La ragazza (un’amica che era con lui in auto, ndr) mi ha detto che si sarebbe assunta lei la responsabilità perché sapeva che io ero in affidamento ma nessuno dei due in quel momento aveva compreso la gravità della situazione”. E ha raccontato che “quando mi ha chiamato la seconda volta, nelle mattinata e prima che mi arrestassero, e mi ha detto che il ragazzo era deceduto io le ho detto che mi sarei assunto la responsabilità perché lei non poteva rovinarsi la vita”.

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