C’è un effetto a lungo termine dell’inchiesta Covid che ogni giorno affolla le pagine dei giornali con tutti ma proprio tutti gli atti (a proposito: ma dove è finito il bavaglio tanto temuto della riforma Cartabia? Acqua fresca…). E’ l’effetto più dannoso, che è quello che permane quando si abbassa il polverone. Tra un paio di settimane di quest’inchiesta non rimarrà nulla, come al solito. Tutti i messaggi, i whatsapp decontestualizzati, gli emoticon non trascritti, tutto quanto finirà sui giornali e poi dritto nel dimenticatoio. L’inchiesta passerà alle forche caudine di un rinvio a giudizio e poi, se del caso, di un processo. Ciao còre.
La lezione dell’inchiesta Covid? Meglio non fare nulla per evitare rogne
Intanto però le conseguenze pratiche di questa inchiesta saranno devastanti, sul lungo periodo. Perché a tutti quelli coinvolti (e non parliamo solo degli indagati, ma di tutti) l’inchiesta sta dando una grandissima lezione: l’importante è non fare niente. Zero. Nisba. Perché se appena si fa qualcosa, che sia come fa l’ex dg Luigi Cajazzo di provare a sbloccare mascherine incagliate nella dogana, o che sia quel che fanno tutti gli altri, ovvero lottare contro la pandemia nella confusione estrema che regnava in quelle settimane, si finisce nei guai. E allora, per la prossima pandemia, per la prossima emergenza, l’effetto è che tutti proveranno a pararsi il sedere. E non si manderanno manco più i whatsapp. Solo appuntamenti in presenza, lenti, lunghi, compassati. Altro che decisioni in velocità. Riunioni in presenza e senza cellulari. Sia mai che dopo arrivino un gruppo di pm a fare le pulci.
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