Il percorso ad ostacoli delle lavoratirici lombarde in un’indagine della Cisl

Divario salariale, insoddisfazione, totale responsabilità della gestione famigliare ed “equilibrismo” per far quadrare il bilancio tra dimensione professionale e personale: la vita delle lavoratrici lombarde è tutt’altro che “smart”.

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Sono stati annunciati oggi i dati della ricerca condotta negli scorsi mesi da BiblioLavoro, l’associazione culturale di CISL Lombardia sulle donne, iscritte al sindacato sul tema del lavoro al femminile. Quasi 9.300 i questionari inviati e oltre 6mila le donne che hanno partecipato all’indagine, rivelando un quadro che, nonostante parole d’ordine quali “inclusione”, “parità di genere” e “smart working”, rivela un contesto sociolavorativo in cui questi valori sono ancora un lontano miraggio. Che la differenza salariale tra uomini e donne esista ancora non è una novità. Ma la sua dimensione, dal momento che riguarda ben il 70% del campione, che ha dichiarato di guadagnare meno del partner, è decisamente preoccupante. Non stupisce quindi che il 60% delle lavoratrici lombarde abbia manifestato a chiare lettere la propria insoddisfazione economica. Per quanto riguarda il senso del lavoro, il salario è ancora avvertito come un necessario mezzo di indipendenza (per il 38, 2%) che viene prima della realizzazione personale (indicata solo dal 21,1% delle intervistate).

La carriera? Una corsa a ostacoli! Normalmente pensiamo a un percorso di carriera lineare e in ascesa. Lo è solo per una donna su quattro. Per il 44% delle intervistate, invece, è una sorta di continuo (ed estenuante) “stop and go”: prima c’è la necessità di accudire i famigliari (37,2%). Oppure, per mantenere una retribuzione soddisfacente, è necessario, come ha dichiarato una donna su cinque, rinunciare a mettere su famiglia. E anche in termini di orario la situazione non migliora. Il part-time è una libera opzione solo per l’11,5 % della popolazione sondata, per il 59% è una scelta obbligata per poter accudire i figli. Non solo: l’inquadramento professionale non è ritenuto adeguato (per quasi il 60% delle intervistate) e le competenze sono decisamente non valorizzate dal datore di lavoro (per il 64,5%).

Il gender gap? Non è uno stereotipo: è un’emergenza. Dare di più per avere di meno. Sei parole che sintetizzano lo sforzo che una donna deve compiere per ottenere risultati paragonabili a quelli degli uomini. Il 45% del campione dichiara infatti di essere stato penalizzato, rispetto alla controparte maschile, nel conseguimento di una promozione. E comunque, a parità di percorso formativo, quasi il 70% delle donne dichiara di guadagnare di meno. Per non parlare di maternità: un ostacolo per quasi il 53% delle intervistate. Gli impegni professionali del partner (per il 43,5%) hanno la precedenza sui propri. E infine, più che le competenze, nella vita professionale delle donne, sembra contare la libertà da impegni famigliari. Chiudiamo con il drammatico capitolo delle molestie. Il 44% delle intervistate dichiara di averle subite o di esserne stata testimone. Ma l’aspetto ancora più preoccupante è che circa il 50% del campione afferma che nei luoghi di lavoro non vi sia una sufficiente consapevolezza in merito a questo tema.

Il peso del menage familiare. Pagare le bollette, accudire genitori anziani, gestire figli e casa. Responsabilità equamente condivise? Tutt’altro. Il fardello dei ruoli di cura per oltre il 60% del campione è ancora una prerogativa prettamente femminile. In ambito di maternità poi, solo il 6% delle intervistate ritiene l’essere mamma conciliabile con la vita professionale.

Lavorare per vivere o vivere per lavorare? Per sette donne su dieci gestire i propri interessi è un’immane fatica. Addirittura occuparsi della propria salute, per sei donne su dieci, è decisamente difficile. Nella giornata di una donna lo stress fa da padrone (per il 62,6% delle intervistate) e il weekend non basta per rigenerarsi. Non solo: ci si sente pure in colpa. Succede a più di una donna su tre per il fatto di non riuscire a dedicare sufficiente tempo alla famiglia. Lo Smart Working? Per il 60% del campione potrebbe essere una soluzione per ridurre il gender gap. Ma, nonostante l’esperienza dell’emergenza COVID, è sottoutilizzato (50%) per carenze culturali delle aziende, o male utilizzato visto che oltre il 42% delle nostre lavoratrici ha indicato addirittura un aumento della mole di lavoro nella pratica di questa modalità organizzativa.

“I risultati di questa ricerca”, ha commentato Angela Alberti, responsabile Coordinamento Donne CISL Lombardia, “confermano una situazione di grande difficoltà che rende indifferibile un cambiamento profondo che consenta di superare tutti i divari che penalizzano le donne nel mondo del lavoro e nella società. Il PNRR può rappresentare una grande opportunità per imprimere una acelerazione nel processo in atto da tempo verso una parità che non sia solo enunciata, ma sostanziale; un traguardo ancora purtroppo lontano. Sono diversi i fattori che devono concorrere a questo risultato a partire da una idea di società che ponga le persone realmente al centro e che consenta loro di realizzarsi in tutte le diverse dimensioni, da quella familiare a quella lavorativa, senza che una debba essere sacrificata per l’altra.Serve sicuramente un salto culturale che deve coinvolgere anche il mondo delle imprese. Servono poi misure di welfare realmente in grado di rispondere ai bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori. Serve soprattutto la consapevolezza da parte di tutti che sono necessari, qui ed ora, azioni concrete in grado di innescare un cambiamento non più procrastinabile. Non solo a vantaggio dei diritti delle donne, ma anche per il progresso dell’economia e della società intera”.

La dichiarazione di Ugo Duci, segretario generale Cisl Lombardia.

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