Prima di mangiarlo ha chiesto rassicurazioni anche ai dipendenti del locale sul fatto che quel tiramisù non contenesse davvero latte e fosse vegano, come indicato nell’etichetta. Poi, praticamente già dopo aver ingerito un primo cucchiaino del dolce si è sentita male e a nulla è servito l’utilizzo di un antistaminico al cortisone e di un altro farmaco broncodilatatore che aveva con sé. Sono passaggi del racconto, reso oggi a verbale davanti ai pm milanesi, dal fidanzato di Anna Bellisario, la 20enne morta domenica scorsa, dopo 10 giorni di coma, a causa di uno shock anafilattico provocato, secondo l’ipotesi al vaglio, da “proteine del latte”, a cui era fortemente allergica, contenute in quel ‘Tiramisun’ venduto come vegano (prodotto dalla Glg di Assago) e servito in un fast food di corso Garibaldi a Milano. A breve gli inquirenti iscriveranno nel registro degli indagati, in vista dell’autopsia non ancora fissata, anche altre persone, oltre a responsabili e dipendenti della Glg. Tra questi anche i responsabili del fast food e forse pure altre persone in relazione ad una maionese, contenente uova (a cui la 20enne era allergica ma in modo minore), che la ragazza ha mangiato sempre quella sera del 26 gennaio. L’ipotesi principale, però, è che la morte sia stata causata dalla presenza di latte nel dolce. Dolce che sarebbe stato contaminato perché nello stabilimento venivano effettuate anche lavorazioni su altri alimenti con latte. Nulla di tutto ciò, però, sarebbe stato indicato nell’etichetta dall’azienda produttrice.
Morta per tiramisù non vegano: fidanzato, chiese rassicurazioni
Anna Bellisario, la ragazza di 20 anni allergica a latte e uova morta dopo 10 giorni di coma per aver mangiato un tiramisù vegano con tracce di latticini, chiese rassicurazioni al personale del ristorante. Lo ha raccontato il fidanzato della giovane ai pm.