PORCUPINE TREE: a volte ritornano… e con che stile!

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Di Andrea Levati

A volte ritornano… e con che stile!

Colse un po’ tutti di sorpresa, ormai quasi un anno fa, l’annuncio di una reunion per un nuovo studio album con conseguente tour mondiale, da parte dei Porcupine Tree, che così facendo interruppero un silenzio che durava dal 2009. Durante questo anno l’attesa si è fatta febbrile, anche a fronte del successo che l’ultima fatica discografica ‘Closure / Continuation’ ha riscosso da pubblico e critica. Insomma, i presupposti per una grande serata ci sono tutti e finalmente l’attesa si conclude, per i fan italiani, al Forum di Assago.

La band britannica, orfana del bassista storico Colin Edwin, si presenta con Nate Navarro al basso e Randy McStine alla chitarra/voce in aggiunta al trio classico composto da Steven Wilson, Gavin Harrison e Richard Barbieri; aprendo il concerto con ‘Blackest Eyes’ e ricevendo da subito grandissimo calore da parte dei presenti che hanno riempito il palazzetto in ogni suo angolo. A questo punto Wilson fa capire di non gradire particolarmente la scelta dei posti a sedere nel parterre e invita implicitamente il pubblico del settore a stare in piedi. Detto, fatto.
Lo show, arricchito da un grande spettacolo di luci e proiezioni sul palco, prosegue coi tre brani d’apertura dell’ultimo album, per poi svilupparsi in un’alternanza di pezzi classici (tra i quali ‘Even Less’ e ‘The Sound of Muzak’, che si conferma tra i più apprezzati) e nuovi, fino ad arrivare a ‘Chimera’s Wreck’, che chiude il primo set.

É dunque tempo di una pausa di circa venti minuti, che ci dà l’occasione di rifocillarci e di notare la varietà di un pubblico che si compone di gente di tutte le età. Bello vedere come i Porcupine Tree riescano a radunare allo stesso concerto i più attempati appassionati del classic prog insieme alle nuove generazioni.

Giusto il tempo di una birra e la band torna sul palco per aprire il secondo set con ‘Fear of a Blank Planet’: è un indizio che ci fa capire che stiamo andando incontro a una scaletta incentrata sull’album omonimo e sulle sue sonorità più cupe e allo stesso tempo malinconiche. C’è spazio anche per ‘Buying New Soul’, che precede altri due pezzi da ‘Closure / Continuation’, intervallati da ‘Sentimental’. Il quintetto non sbaglia un colpo e a questo punto del concerto possiamo dirlo con estrema certezza: i Porcupine Tree sono davvero in splendida forma e Steven Wilson si dimostra un buonissimo intrattenitore, oltre al grandissimo musicista che tutti conosciamo. Tutto fantastico, ma il bello deve ancora arrivare e non si fa attendere troppo a lungo, il frontman annuncia un pezzo molto lungo, ovviamente si tratta di ‘Anesthetize’. É questo, probabilmente, l’apice di un concerto strepitoso. Segue ‘Sleep Toghether’, dopo di che i musicisti abbandonano il palco per qualche istante per poi tornare coi classici encore: ‘Collapse the Light Into Earth’ eseguita da Wilson e Barbieri, ‘Halo’ (purtroppo unica estratta da ‘Deadwing’, se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo) e ‘Trains’.

Un’esibizione emozionante, potente, estrosa, che ha non ha deluso le aspettative, ma anzi le ha forse superate; e che ha avuto una sola pecca: l’acustica della location, non certo all’altezza della band. Un concerto della durata complessiva di tre ore (passate in un batter d’occhi), che per durata e struttura ha ricordato i set dei live dei King Crimson degli ultimi anni. Chissà che il buon Gavin Harrison non ci abbia preso gusto dopo anni di militanza alla corte del Re Cremisi. Proprio Harrison merita una menzione d’onore: è lui il valore aggiunto dei Porcupine Tree, fa sembrare semplici anche i passagi più intricati e riesce a spiccare anche in un contesto di altissimo livello come quello del quintetto britannico. Un vero e proprio gigante della batteria, tra i migliori interpreti in assoluto dello strumento, non solo per la sua smisurata abilità tecnica, ma anche per l’impronta personale che riesce a trasmettere.

Siamo di fronte a una band immensa, che nonostante undici anni di “pausa”, ha cementificato il suo status di icona, di riferimento, di band di culto; un gruppo che, a differenza di altri, si è riunito perchè aveva qualcosa da dire e non per fare semplicemente cassa; un grande album e un grande live, insomma: un ritorno in grande stile!

Scaletta completa:
Set 1:
– Stupid Dream (Intro)
– Blackest Eyes
– Harridan
– Of the New Day
– Rats Return
– Even Less
– Drown With Me
– Dignity
– The Sound of Muzak
– Last Chance to Evacuate Planet Earth Before It Is Recycled
– Chimera’s Wreck

Set 2:
– Fear of a Blank Planet
– Buying New Soul
– Walk the Plank
– Sentimental
– Herd Culling
– Anesthetize
– Sleep Together

Bis:
– Collapse the Light Into Earth
– Halo
– Trains

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