La vicenda del papà della Meloni è semplice, ma il peggio è che non è un caso isolato: è una strategia. Ripercorriamola velocemente. C’è una signora che si chiama Rula Jebreal. Fa la giornalista ma non è una giornalista (nel senso che non è iscritta all’Albo, o almeno non la si trova cercandola). Cinque anni fa si sollevò un caso perché la signora in questione faceva un sacco di pubblicità per Carpisa quando è vietatissimo per i giornalisti fare pubblicità.
Oggi la signora prende e scrive un articolo nel quale dice che il papà biologico di Giorgia Meloni sarebbe stato condannato per vicende legate alla droga. La Meloni ha detto e ripetuto ovunque che è cresciuta senza padre, che l’ha abbandonata quando aveva un anno. Da sempre sappiamo che Giorgia Meloni per il papà che non c’è mai stato non ha nutrito nessun sentimento, e men che meno di stima.
Che le colpe dei padri, pure quando sono presenti, non debbano ricadere sui figli, è roba talmente nota da risalire all’antichità.
Ha scritto questa cosa del padre narcotrafficante perché così rimane sul web, in giro.
Ma Rula Jebreal se ne frega. Il punto non è il fatto che abbia scritto una cosa del genere. Il punto è il perché l’abbia fatto. Se non è chiara la dinamica di queste cose non ci si può difendere.
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