Facciamo un po’ di ordine sulla questione San Siro, per grandissime linee. Una sorta di bigino minimo. Le squadre decidono che per rendere sostenibile la loro esistenza economica occorre uno stadio di proprietà. Roba normale. Fanno una valutazione e capiscono che ci vuole una struttura nuova con tutte le costruzioni di fianco. Perché? Perché gli stadi nuovi sono investimenti immobiliari. Vanno dal Comune, che in quel momento è pacifico: ogni anno le squadre gli versano 10 milioni di euro di canone e 10 milioni di euro in ristrutturazioni. Il Comune si agita, ovviamente. Toccare il Meazza? Succederà un casino. E infatti succede un casino. Le squadre provano a convincere che si tratta di un’operazione che fa bene a un quartiere degradato, ma si muovono diciamo non benissimo. Intanto si avvicinano le elezioni, e Beppe Sala congela più o meno tutto: troppo divisivo un Meazza sì Meazza no. Nel frattempo le squadre ricorrono alla Legge Stadi (sciagurata, e di impossibile attuazione) per saltare proprio il Comune. Ma la burocrazia vince sempre, e si finisce nel pantano.
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