Una produzione destinata al “made in Italy” realizzata attraverso lo sfruttamento di lavoratori “in nero”. Un’azienda tessile gestita da un imprenditore di origine asiatica dove all’interno erano impiegati 27 lavoratori connazionali, di cui 5 privi di contratto di assunzione. I lavoratori alloggiavano all’interno di un piccolo dormitorio ricavato all’interno dello stesso capannone, ai limiti delle normali condizioni di igiene con impianti elettrici non a norma. Lo comunicano le forze dell’ordine. Una scoperta agghiacciante quella fatta dai carabinieri di Lissone che nei giorni scorsi, al termine di un’attività di osservazione e mirati accertamenti, sono entrati all’interno del capannone insieme ai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano. I carabinieri hanno trovato all’opera 14 lavoratori seduti nelle loro postazioni di lavoro, mentre altri erano nel dormitorio e altri ancora nel locale adibito a cucina, ricavato “abusivamente” in uno spazio angusto e in condizioni igieniche precarie. Trovati anche impianti di videosorveglianza attraverso i quali, il datore di lavoro “controllava a distanza” gli operai, mentre erano seduti nelle loro postazioni di lavoro. Vista la situazione che si sono trovati davanti, i carabinieri hanno sospeso l’attività produttiva, comminando sanzioni per un totale di 55.000 euro circa.
Brianza, scoperti lavoratori in nero in un laboratorio tessile
A Lissone (Mb) scoperta una produzione destinata al "made in Italy" realizzata attraverso lo sfruttamento di lavoratori “in nero”.