Vaccino, per convincere i genitori bisogna cambiare l’informazione

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Le hanno anche dato un nome: infodemia. Un po’ informazione, un po’ pandemia. E’ stato uno dei grandi problemi di questi due anni di Covid: l’affastellarsi di notizie una contraria all’altra, spesso ma non sempre per ignoranza, spesso ma non sempre per malafede o tornaconto politico. Ricordiamoci i primi mesi del 2020.

Febbraio, per esempio. Si tacciava di razzismo il Nord Italia perché voleva chiudere i voli dalla Cina, e fecero la notte delle bacchette. Poi tutti si sono messi a chiudere i confini per impedire alla pandemia di diffondersi. I virologi? Hanno dato del loro peggio, con l’informazione italiana al servizio: dicevano che si potevano fare un ciondolo con il Covid, e poi invece un paio di ciondoli ce li ha fatti lui a noi, con centinaia di migliaia di morti nel mondo. E i giornalisti a rimorchio. All’inizio non capivamo, pure noi operatori dell’informazione lontano dal Palazzo così come siamo, quale fosse la logica. Poi abbiamo iniziato a capire.

C’era e c’è una regia dietro tante cose. A volte per semplice servilismo, a volte per raziocionio, a volte per convenienza politica, a volte per convincimento personale. Il risultato finale è che abbiamo – anzi, hanno – offerto ai lettori un panorama distorto, confuso, dove i media compattamente prima dicevano una cosa e poi il suo opposto. Con metodi anche tra il semplice e lo sciocco, ma efficaci.

Per esempio: ogni sera, ogni mattina, ogni pranzo, ossessivamente, ci hanno detto che la Lombardia era “maglia nera per i casi di Covid”, record di contagi e via dicendo. Mai una volta che specificassero che non conta il numero assoluto, ma la percentuale. Ovvio che se la Lombardia ha 10 milioni e 500 mila abitanti, è un sesto della popolazione italiana e ha per forza almeno più del doppio dei casi di chiunque altro, giacché la seconda regione ha la metà degli abitanti.

Di che cosa stiamo parlando? Eppure, in maniera voluta e volontaria, dettata da un governo di Roma assai distante, la narrazione è stata questa. Ed è stata questa per stroncare le reni a una parte politica che stava all’opposizione. Fateci caso: adesso è tutto calmo e tranquillo. Però non va bene così, perché la gente tutta questa “finezza” politica non ce l’ha e non ce la deve avere.

Semplicemente, dopo aver capito che c’è puzza di bruciato, non si fida più. E quelli che già non avevano strumenti cognitivi, non si fidano a tal punto da rischiare inutilmente la vita per non aderire alla scelta vaccinale. Una parte colpa della loro stupidità, una parte colpa del nostro modo di gestire la comunicazione senza credibilità.

E veniamo al punto. Sulla vaccinazione ai bambini sta succedendo la stessa cosa. Improvvisamente, dopo aver dato il via libera ai vaccini per la fascia d’età 5-11 anni, iniziano ad apparire sui telegiornali e i giornali servizi di tutti i tipi su bimbi in ospedale, bimbi che hanno rischiato la vita. Poi, nelle more come l’altra sera al tg1, dicono anche che il bimbo che ha rischiato era affetto da anemia, e quindi aveva altre patologie importanti. Però nelle more, in un passaggio che scappa.

Il messaggio è chiaro: dovete far vaccinare i bambini. E via a dire che l’età media dei ricoverati si abbassa. Grazie al cavolo: se ci finiscono meno adulti, in terapia intensiva, è ovvio che le percentuali si riequilibrano. E’ un po’ come la storia della Lombardia: ha il doppio degli abitanti della seconda regione, è ovvio che ha il doppio dei casi.

L’idea è che la gente sia stupida. Ma la gente non è stupida. Lo vede, lo capisce. Al minimo si confonde e quando è confusa si ritira e non si fida. Al massimo capisce benissimo e a maggior ragione non si fida. No. C’è bisogno di più serietà e più impegno e un po’ meno disinformazione per convincere i genitori dopo due anni di battage continuo sul fatto che i bimbi non rischiano niente. E lo dice un genitore assolutamente pro-vax, bivaccinato in attesa di terza dose.

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