E’ un comitato per salvare lo stadio di San Siro oppure l’unica vera opposizione a Beppe Sala? E’ un comitato per salvare lo stadio di San Siro oppure il modo per levarsi antichi sassolini dalle scarpe? Dobbiamo chiedercelo, soprattutto perché sul progetto del nuovo stadio siamo all’anno zero spaccato. Le squadre, stranamente, non hanno ancora neppure decretato il progetto vincitore. Perché? Forse perché non si può decretare un progetto vincitore senza aver fatto un intero masterplan integrato, che preveda anche una decisione definitiva sullo stadio “vecchio”? E se non c’è un masterplan integrato nella sua totalità, come si fa ad attaccare l’amministrazione che per adesso attende? Figurarsi poi il rapporto con Aler: ancora è lontana l’idea che rilanci la gestione se non unitaria, perlomeno condivisa, delle case popolari. Figurarsi la ristrutturazione di un intero quartiere.
La questione, come si capisce, è intricata e anche al massimo livello in Comune la si riassume così: “Nata male, sta vivendo peggio”. Chissà se sopravviverà. C’è addirittura chi scommette che non si arriverà in tempo per le Olimpiadi, dove il desiderio neppure troppo nascosto è di fare una cerimonia condivisa tra uno stadio e l’altro, in modo da fare una sorta di “passaggio di testimone”. Tutto molto olimpico, tutto molto complicato, considerato che pure sulle Olimpiadi la tensione è massima e prima o poi Mario Draghi dovrà prendere in mano il dossier perché i ritardi si stanno accumulando copiosi.
Ma torniamo al comitato per la salvaguardia di San Siro. Ci sono quelli che ci credono, che ci credono davvero. Tra questi il consigliere comunale Alessandro Giungi, oppure il promoter Claudio Trotta. Due, per dirla chiara, che hanno sempre avuto il coraggio delle proprie idee. Oppure Massimo Moratti, e gli altri sportivi innamorati del Meazza. Poi ci sono quelli che hanno i sassolini nella scarpa. Per esempio Luigi Corbani, già direttore generale della Verdi, prima di essere destituito e sostituito dal presidente Gianni Cervetti, peraltro insignito dell’Ambrogino proprio quest’anno.
Operazione complicata gestita da Palazzo Marino che di fatto ha salvato l’Orchestra, ma che per Corbani è stato un brutto colpo. Poi c’è Bruno Rota, già presidente e dg di Atm. In pratica il dominus indiscusso del trasporto milanese. Fece un braccio di ferro con Sala, ovviamente perdendolo, e poi una fugace esperienza all’Atac dove – finezze del destino – ora il salvatore è visto in Arrigo Giana, suo successore in Atm e nemico storico. Luca Beltrami Gadola, animatore di Arcipelago Milano, da sempre è critico con la gestione Sala (fin dal primo mandato). Poi ci sono candidati dell’opposizione alle ultime elezioni. Poi ci sono intellettuali e gente comune. Insomma, il comitato Sì Meazza è qualcosa di composito. Ma politicamente quello che rileva è che la città, che ha scelto massicciamente Beppe Sala alle ultime elezioni (molti di quelli del Comitato hanno votato esplicitamente per un secondo mandato del sindaco uscente), pare svegliarsi a mesi di distanza dalle urne per il Meazza.
Rimane un mistero perché nessuna parte dell’opposizione abbia cavalcato il tema (o meglio, per alcune forze politiche lo si sa benissimo il perché, vedasi la Lega). Resta il punto: inaspettatamente Beppe Sala ha una opposizione. Difficile da gestire perché mette insieme pezzi di cuore (Massimo Moratti) e gente che porta rancore. Forse il primo vero test da politico rieletto al secondo mandato che – tradizionalmente – è il più insidioso.
fabio.massa@affaritaliani.it