Solo il popolo può cambiare il sistema giudiziario di Palamara&Co

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“Chi siamo noi per scegliere? Come facciamo a scegliere?”. Queste due domande sono state avanzate ai relatori, il costituzionalista Quirino Camerlengo e l’avvocato Guido Camera (presidente dell’associazione Italiastatodidiritto), alla fine di un appuntamento organizzato dall’Academy Franco Angeli Bicocca volto a cercare di spiegare in che cosa consistono i sei referendum sulla giustizia che – prima o poi – arriveranno all’appuntamento del voto.Ora, una considerazione preliminare: in una serata di Champions, seppur non per le milanesi, avere una sala quasi piena è già un conforto, e soprattutto averla piena per temi tanto seri da sfiorare il tecnicismo. Quindi, c’è ancora gente a cui piace ragionare e non è poco. Un piccolo spiraglio di luce nel buio nel quale ci hanno precipitato i social e le loro semplificazioni.

Nella serata sono stati analizzati tutti i sei quesiti, e per ognuno si sono chiariti i punti scomodi. Non una impresa facile. E infatti dal pubblico si leva una buona domanda. Perché noi cittadini siamo chiamati a votare? Mica siamo laureati in giurisprudenza. I relatori hanno risposto tirando in ballo il senso civico, l’importanza del referendum, la costituzionalità dell’opinione popolare. Io invece penso che la signora abbia ragione. Perché dobbiamo farcene carico noi, di sollecitare la riforma della giustizia? In fondo, se ne dovrebbe far carico la politica.

Ed è questo il punto su cui continuo a battere. La politica non riforma come dovrebbe e come potrebbe la giustizia perché ha paura della giustizia. Ogni volta che un politico, ma anche un giornalista – e a me è successo – dice qualcosa che suona scomodo alla magistratura, succedono guai. Guai grossi. I poteri dello Stato ormai sono tutti mischiati, e ci si piglia a botte tra potere legislativo e giudiziario, per non dire dei disastri che combiniamo noi esponenti dell’informazione, veri vasi di coccio senza più soldi né diritti tra chi – come i magistrati – può impunemente fare ciò che vuole, e chi – come i politici – è succube del concetto perverso della “reputation”.

La reputazione. Se dici di riformare la giustizia vuol dire che hai qualcosa da nascondere. Se mille anni fa hai preso un avviso di garanzia, che poi peraltro non ha dato altri esiti, e ciò vuol dire che sei stato archiviato o addirittura assolto, comunque hai qualcosa da nascondere. Se, e vale per i giornalisti, invece di leccare il culo agli inquirenti per farti dare due informazioni in più su una inchiesta quella inchiesta la critichi apertis verbis, hai qualcosa da nascondere.

Così, si arriva a una sera in zona Bicocca, nel municipio 9 che ha tra i suoi rappresentanti uno dei più stimati avvocati garantisti di sinistra, Mirko Mazzali. Ecco, una sera di zona Bicocca una donna prende la parola e chiede: “Perché dobbiamo riformarla noi, la giustizia, con il referendum?”. E la domanda ha una risposta sola: perché il sistema è così messo male che nessuno se non il popolo può farlo.

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