Sono 262 le specialità alimentari tradizionali presenti nel 2021 in Lombardia, salvate dalla pandemia grazie agli agricoltori per sostenere la rinascita del Paese. E’ quanto emerge dal nuovo censimento delle specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, presentato dalla Coldiretti al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Villa Miani a Roma. Ai raggi X tutti i diversi tipi di pane, pasta, formaggi, salumi, conserve, frutta e verdura, dolci e liquori tradizionali che compongono il patrimonio enogastronomico nazionale, classificati per regione e tipologia, con gli esempi più curiosi, più rari, più antichi, più ricchi di proprietà salutistiche nella più ampia esposizione della variegata offerta territoriale mai realizzata prima. In particolare in Lombardia – precisa la Coldiretti regionale – per quanto riguarda le varie categorie può contare su 76 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, 70 tra salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 62 formaggi, 30 verdure fresche e lavorate, 5 piatti composti o prodotti della gastronomia, 8 bevande tra analcoliche, birra, liquori e distillati, 4 prodotti di origine animale (miele, lattiero-caseari escluso il burro), 5 preparazioni di pesci, molluschi, crostacei e 2 varietà di burro. Si va ad esempio dal formaggio Rosa Camuna della Valle Camonica (BS) alla luganega di cavallo della provincia di Sondrio, dal salame d’oca della Lomellina (PV) al formaggio fiurì delle valli bergamasche e bresciane, fino al granone lodigiano e alla patata bianca di Oreno, in Brianza. E ancora, la mostarda di Cremona, la torta mantovana, il “furmag de segia” del Luinese e della Valcuvia (VA) al pan meìno di Milano, Lecco e Como. A livello nazionale, grazie all’opera di intere generazioni di agricoltori impegnati a difendere nel tempo la biodiversità sul territorio e le tradizioni alimentari, il numero delle tipicità che l’Italia può offrire è passato – sottolinea la Coldiretti – dalle iniziali 2.188 del primo censimento nel 2000 alle 5.333 attuali con un aumento del 167% dei prodotti salvati dal rischio di estinzione, accelerato dall’emergenza sanitaria. Un’offerta che è stato possibile far tornare sulle tavole degli italiani – rileva Coldiretti – grazie anche alla rete di vendita diretta dei mercati, delle fattorie e degli agriturismi di Campagna Amica. Dall’Abruzzo arriva ad esempio il Il Caciofiore aquilano un formaggio a pasta molle, tra i pochissimi a utilizzare un caglio vegetale, ottenuto dall’infusione dei fiori di cardo selvatico, e arrotolato in fogli di selce. Nasce invece dalle campagne della Basilicata il “peperone crusco” fatto con un peperone tipico del territorio che viene sottoposto – spiega la Coldiretti – a una particolare preparazione che lo rende irresistibilmente crusco, ovvero croccante. In Calabria, avvicinandosi il Natale, si prepara la pitta ‘mpigliata (o pitta ‘nchiusa) che si presenta come roselline in pasta sfoglia al vino bianco. Dalla Campania vengono i Fagioli di cera, chiamati così proprio per l’aspetto lucido che presenta una volta maturo, prodotto di una coltivazione antica fatta completamente a mano. Viene pescata direttamente nella Valle del Delta del Po durante la stagione autunnale l’angullla marinata di Comacchio, frutto di una ricetta tradizionale. E’, invece, un vero e proprio simbolo antispreco il Formadi frant perché realizzato in Friuli Venezia Giulia con lo scarto di altre varietà di formaggi mentre tra le specialità del Lazio si può trovare il tarlo dell’aglio rosso di Proceno, conservato sott’olio e ideale come sfiziosità per gli antipasti. Dal latte di una particolare razza di pecora arriva la Toma di pecora Brigasca frutto di una lavorazione molto antica che in Liguria viene tramandata da diverse generazioni di padre in figlio. Un vero e proprio capolavoro è la Treccia di Santa Croce di Magliano, un formaggio che in Molise viene letteralmente intessuto fino a sembrare una sciarpa o, appunto, una treccia di capelli. Ha la forma di un quadrato, al contrario, il peperone di Carmagnola, tipicità del Piemonte che viene usata anche nella preparazione della Bagnacauda. Nell’olio extravergine d’oliva vengono “infusi” i lampascioni, caratteristici della Puglia, mentre in Sardegna spicca la Panada di Cugliera, un raviolo di pasta violada (semola rimacinata), ripiena – aggiunge la Coldiretti – di carne di maiale e vitella, lardo fresco, carciofi, fave, piselli, olive snocciolate, pomodoro secco, aglio, prezzemolo, zafferano, noce moscata, e vino bianco. Abbina giusto e colore il cavolfiore violetto “natalino” è una particolare varietà di cavolfiore della Sicilia caratterizzato da un’infiorescenza di colore lilla intenso- Una forma particolare contraddistingue il Pomodoro Borsa di Montone, quasi estinto e tornato sulle tavole grazie all’impegno degli agricoltori della Toscana. Ha radici antiche anche il Sedano rapa della Val di Gresta, specialità del Trentino Alto Adige, dal sapore delicato e dalle proprietà ipocaloriche e depurative. Tradizionali anche gli strangozzi, tipica pasta umbra protagonista di molte ricette della cucina dell’Umbria, mentre giunge dalla Valle D’Aosta il particolare salume chiamato Boudin – prosegue la Coldiretti – e prodotto con patate bollite, pelate a mano e lasciate raffreddare, alle quali vengono aggiunti cubetti di lardo, barbabietole rosse (ottimo conservante naturale), spezie, aromi naturali, vino e sangue bovino o suino. Vino protagonista anche nel Formaggio imbriago ideato dai contadini veneti che, durante la prima guerra mondiale, per sottrarlo alle ruberie dei soldati austro-ungarici, presero l’abitudine di nascondere il formaggio sotto le vinacce, rendendolo più saporito e caratteristico.