Tutte le volte lo stesso identico teatrino. Ve lo ricordate con Prodi per la presidenza della Repubblica? I famosi 101? Si arriva con una decisione e poi, nel segreto dell’urna, c’è qualcuno che si tira indietro. E’ successo, nella storia repubblicana, centinaia di volte. Forse migliaia. I parlamentari se sono chiamati al voto palese, ovvero alzando la manina, e registrati perché tutti li vedano, si esprimono in una maniera. Se invece sono chiamati al voto segreto, ovvero non registrati e non tracciabili, si esprimono in un altro modo. Il contorno maleodorante di questo sistema di merda è che poi cominciano le accuse incrociate: per Tizio è stato Caio, e per Caio è stato Tizio. Alla fine, come diceva quello: “Non ha stato nessuno”. E si può andare avanti con la prossima manfrina.
Ieri è successa la stessa cosa con il Ddl Zan. Del Ddl Zan non voglio proprio parlare. Non entro neppure nel merito, zero al cubo. Ma se uno crede che il Ddl Zan sia contrario alla democrazia, o comunque non condivisibile, vota contro. Se invece uno crede che il Ddl Zan sia giusto per l’Italia e comunque condivisibile, vota a favore. Se non ha mezza idea oppure è confuso, si astiene. Ma ci mette la faccia. Mette la faccia davanti ai datori di lavoro di questi signori qui, ovvero i cittadini che li hanno eletti. Non che nel segreto, dietro le tendine di raso del Senato, bocciano, approvano, brigano, si accoppiano politicamente. Non cambia niente se fosse passato oppure no. Sarebbe stato uguale. Fa vomitare questo metodo, è vomitevole. E questo prescinde dal Ddl Zan. Qualcuno dice che il voto segreto tutela l’indipendenza dei parlamentari. Io dico che se non sono capaci di essere liberi con l’onestà delle loro posizioni dipinte in volto, trasparenti, allora vuol dire che non sanno neppure che cosa sia l’indipendenza. Alla fine, nel vomitume generale la figura migliore la fa il pessimo Pillon: lui almeno quello che pensa lo sappiamo – purtroppo – benissimo.
Fabio Massa