Morisi, ovvero l’olio di ricino della giustizia sui giornali

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Toh, sorpresa! Pare che i pm, ovvero l’accusa, abbiano deciso di chiedere l’archiviazione per Luca Morisi, l’ex numero uno della comunicazione di Matteo Salvini. Sapete il perché? Perché uno dei rumeni ha ammesso che la droga era sua, e non del Morisi. Quindi attenzione! Non c’è reato. O meglio, ce ne sono vari, e di vari tipi. Ma nessuno commesso dal Morisi. Molti commessi da inquirenti, avvocati, stampa e diffamatori social.

Quindi, ricapitolando. Da settimane, appena prima del voto, impazza il caso Morisi, ovvero il caso di una persona che nella sua vita privata fa quel che vuole, una persona che non è personaggio pubblico (quante volte lo avete visto intervistato?), e di cui ci hanno raccontato i dettagli della vita intima e sessuale, di cui ci hanno detto che aveva “ceduto” droga (ovviamente l’equazione cessione droga uguale spacciatore è scattata subito), di cui hanno reso noti dettagli dell’inchiesta. Poi ovviamente il procuratore ci ha tenuto a farsi intervistare per dire che no, loro non sono stati a dare in giro tutte le informazioni per uccidere pubblicamente un uomo. Lo dico chiaro e tondo. Non mi stupirei che Morisi dopo una cosa del genere decida di farla finita nel modo peggiore e spero che i suoi amici non lo mollino. A me tutto questo fa schifo. Mi fa letteralmente schifo.

Detto questo, rimane il contrappasso dantesco: il responsabile di campagne social diciamo “discutibili” (per non dire decisamente razziste e fuori da ogni canone accettabile), che subisce l’amara medicina. E’ giustizia? Direi di no. Proprio di no. Le idee sbagliate si combattono con idee giuste. Le idee sbagliate non si combattono con l’olio di ricino della giustizia sui giornali che è somma ingiustizia. E chi ha bevuto il dolce calice della vendetta ha perso il diritto a indignarsi per il prossimo caso di malagiustizia. Non a venire a cianciare di Mimmo Lucano e altri. Ha perso il diritto di difendere quello in cui crede.

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