La solitudine dello sconfitto descrive lo stato mentale di un partito, quella ferocia da homo homini lupus, che il centrodestra e soprattutto il Movimento 5 Stelle ha mostrato in tutto il suo orrore. Della campagna elettorale più brutta della storia, nella mia mente si stamperanno due immagini. Non il pollicione alzato all’insù di Beppe Sala, che si sapeva vincitore da mesi, e la cui sfida vera è di vincere contro se stesso. Si stamperà l’immagine di Luca Bernardo che arriva in questa sala d’hotel lunga e stretta, triste e vuota. Non c’è un dirigente di partito, neppure di terza fascia, ad attenderlo nella hall. Non c’è nessuno se non un gruppo di cronisti annoiati, televisioni, giornalisti allegri come quelli mandati in Sardegna al militare. Lo sconfitto viene lasciato solo. Dopo la campagna, succede questo. A Roma va in onda anche di peggio. Va in onda l’apoteosi del cinismo. Dopo averci stracciato le palle per mesi con Virginia Raggi vestita da gladiatrice, da eroina, da wonderwoman e madre teresa di calcutta insieme, adesso che perde non c’è nessuno, vicino a lei. Nessuno. Solo microfoni afoni da cui dire addio. Non fa pena lei, fanno pena loro, che invece di consolare l’unica donna davvero in corsa per qualcosa, l’unica donna che aveva fatto tenere una percentuale vagamente onorevole al Movimento, se ne vanno a Napoli per cercare di inginocchiarsi al Partito Democratico, divenuto la Zattera della Medusa. Sapessero qualcosa di quel dipinto e quella storia, capirebbero che su quella zattera l’unico esito possibile è il cannibalismo dei più deboli. E loro, adesso, sono tanto deboli da essere impalpabili. Concime per gli squali della politica.
Ecco le due istantanee di questa orrenda campagna elettorale sono in linea con la campagna elettorale: la solitudine degli sconfitti che mostra la viltà di chi doveva essere compagno e invece è stato primo traditore.