Vaia, viaggio consapevole dentro un disastro

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Fino al 18 ottobre resteranno affisse sulle cancellate esterne e interne dei Giardini Montanelli le immagini di una foresta abbattuta e le parole dei suoi alberi un attimo prima di cadere. E’  VAIA. VIAGGIO CONSAPEVOLE DENTRO UN DISASTRO” , una mostra fotografica outdoor.
Promossa e prodotta dal Museo di Storia Naturale di Milano, Comune di Milano, Ricordi Music School, TMC e STILL FOTOGRAFIA, con il patrocinio di Fondazione Cariplo, l’iniziativa si colloca nell’ambito dell’evento nazionale #All4Climate Italy 2021, preparatorio alla 26esima Conferenza delle Parti di Glasgow (COP26) ed è stata pensata all’esterno proprio per facilitare l’esperienza di coinvolgimento sui disastri ambientali e la riflessione sulle responsabilità dell’Uomo nei confronti del Pianeta, chiedendo una momentanea quanto preziosa distrazione dall’attività quotidiana nello spazio urbano.
Le fotografie esposte sono state scattate da Manuel Cicchetti e, attraverso la tecnica dello stitching, è stato possibile realizzare immagini che uniscono fino a 27 scatti, permettendo di stampare fotografie di oltre 4 metri per 2, mantenendo un’accuratezza e nitidezza dei dettagli che mettono l’osservatore in grado di apprezzare i più reconditi angoli dei boschi e della natura.
Insieme testimonianza e monito sui gesti compiuti a danno del Pianeta, la mostra di Milano è fondante di un percorso che ha l’ambizione di contrastare i cambiamenti climatici e che prevede anche un ampio coinvolgimento della società civile: il progetto Vaia infatti – che si esprime anche attraverso l’omonimo libro fotografico, arricchito dai testi di Angelo Miotto – nasce con l’intento di accompagnare l’osservatore in un rapporto emotivamente paritetico con la natura devastata dal ciclone. Il fotografo ha scelto di avvicinarsi quanto più possibile ad un rapporto di 1:1 tra la Natura e l’osservatore, imponendo così una connessione più immediata con gli eventi oggi sempre più filtrati dagli schermi degli smartphone o dei computer. Vaia lascia un paesaggio buio e talmente desolato da far pensare quasi alle scene di una guerra che proprio in quei luoghi aveva portato tanta distruzione. L’uomo è ora chiamato a considerare la sua parte di responsabilità.

Le immagini ritraggono gli alberi ormai caduti; ma quale grido avrebbero potuto lanciare, un attimo prima della fine? Se già la testimonianza fotografica dà voce a quelle piante, il lavoro va oltre ed è affidato al giornalista Angelo Miotto il compito di immaginare l’ultimo pensiero di RadiceTorta, Fioretto, FustoDritto, Corteccia, TanaFelice e molti altri cui vuole conferire l’onore di un nome proprio, portando al lettore il loro ultimo messaggio, come in una Spoon River dei nostri boschi.

“Mi chiamo Fioretto, perché gli ultimi metri della mia cima sono esili e ondeggiano al vento come se fossi un tiratore di scherma che combatte contro il vento. Quando si placa il soffio riposo, pronto per la prossima sfida. Quei fendenti leggeri ora non sono più, la mia lama è stata spezzata e nessuno potrà più forgiarla di nuovo. Non era lo stesso vento che giocava con me quel giorno, ma un turbine iroso, ho pensato, mentre cedevo di schianto”.

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