I ragazzi del collettivo Kasciavìt sono entrati nell’Ateneo e hanno affisso tre striscioni con le scritte: “Cos’è rimasto dell’università”; “Rimane: tasse, alienazione, stress, disagio, disorganizzazione, Dad” e “Non rimane: cura dello studente, socialità, lezioni in presenza, condivisione del sapere, confronto, comunicazioni chiare”. “La prorogata chiusura delle Università rischia di far precipitare il numero di iscritti e la crisi sociale che si sta abbattendo sul nostro Paese comporterà gravi ripercussioni sui neolaureati – accusano i ragazzi -. Dalla fine del primo lockdown a maggio 2020, ogni attività, dalle fabbriche agli uffici, dai negozi ai ristoranti, dai bar alle discoteche ha ottenuto, anche se per poco tempo, la riapertura, mentre la maggior parte dei nostri Atenei ha riaperto solo a inizio settembre, e quasi solo in modalità mista. Riaperture che non sono state decretate a livello nazionale: ogni Ateneo infatti ha avuto la possibilità di decidere su come erogare le lezioni e come svolgere esami, lauree, laboratori e tirocini”.
I giovani ribadiscono: “Il 70% degli Universitari italiani è fuori sede, quindi accanto alla grande problematica di seguire le lezioni online, durante la pandemia, ha dovuto anche affrontare una crisi di natura economica. L’abbinamento di queste due variabili ha portato molti universitari a vivere il lockdown come un incubo: in una ricerca condotta all’Università dell’Aquila, risulta che gli studenti hanno riscontrato impatto sul ritmo del sonno per il 68%, difficoltà di concentrazione per il 67% e perdita di energia per il 59% del campione di studenti. Inoltre, il 36% degli studenti ha riferito di soffrire di sintomi di ansia, mentre il 26% ha mostrato una sintomatologia depressiva. Nonostante l’offerta universitaria abbia raggiunto un livello quasi inesistente, solo a fine anno accademico 2019 il Governo ha stanziato complessivamente 290 milioni di euro per l’università. Tuttavia, abbassare la No Tax Area e offrire un maggior numero di borse di studio non è abbastanza: per molti i veri costi da sostenere sono l’affitto, la connessione a internet e gli spostamenti. Riteniamo siano urgenti politiche ed aiuti economici concreti che sostengano la mobilità degli studenti (a partire dall’aumento dei trasporti non solo intra comune, ma anche tra i diversi comuni), servizi quali biblioteche e aule studio che possano ospitare più alunni possibile, nel rispetto delle norme sanitarie, e nuove politiche di sostegno psicologico. Grazie alle Università si fa, ma soprattutto si diffonde, la ricerca. Serve un sistema nuovo, davvero accessibile a tutti e che al posto di trasformarsi in un mondo virtuale affronti le crisi del nostro tempo, da quella pandemica a quella ambientale”. (MiaNews)