Covid, sindacati: la Regione non può lasciare l’assistenza territoriale ai privati

Cgil, Cisl e Uil: “Regione Lombardia deve farsi carico di tutte le persone lasciate a casa in assoluta solitudine in attesa di una chiamata di Ats o di una visita domiciliare”. Intanto la sanità privata fa business.

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“La sanità lombarda anche in questa seconda ondata epidemica si è mostrata impreparata e non ha organizzato i servizi di sanità territoriale di cui c’è estremo bisogno. Regione Lombardia nel bel mezzo della seconda ondata pandemica deve farsi subito carico di tutte le persone che ancora oggi, da molti giorni, in assoluta solitudine, attendono di essere contattate dalle ATS o di essere visitate da un medico o dal personale sanitario delle USCA. Non è accettabile che solo chi le può pagare di tasca propria possa riceve prestazioni immediate e adeguate”: lo affermano in una nota Cgil, Cisl e Uil Lombardia commentando l’iniziativa “partita dalla sanità privata per un servizio di assistenza sanitaria e diagnostica domiciliare per pazienti Covid-19 in isolamento domiciliare obbligatorio (90 € per il tampone a casa e 450 € per un pacchetto di prestazioni sanitarie a domicilio), ma l’uno e l’altra sono proprio quello che la sanità pubblica deve garantire a tutti coloro che ne hanno bisogno”. “Tutto questo – affermano – nonostante l’emanazione dei decreti nazionali, con lo stanziamento di fondi dedicati, e di una sequela di delibere di Regione Lombardia per disporne l’attuazione senza però di fatto attuarli. Dovrebbero esserci in Lombardia più di 200 unità speciali di continuità assistenziale (1 USCA ogni 50.000 abitanti), e invece, ne sono operative solo 44 in tutta la regione. L’assistenza domiciliare integrata per pazienti COVID non è stata adeguatamente implementata”.

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