San Gerardo, gli infermieri chiedono rinforzi dall’estero

Nuovo grido d'allarme del sindacato NurSind: "Siamo al collasso e non siamo più in grado di garantire la dovuta assistenza a tutti i pazienti ricoverati al San Gerardo di Monza"

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“Il Covid non aspetta i tempi della politica e della burocrazia: dobbiamo intervenire subito, è da oltre una settimana che vi diciamo che siamo al collasso e non siamo più in grado di garantire la dovuta assistenza a tutti i pazienti ricoverati al San Gerardo”. Il grido d’allarme arriva da Donato Cosi, segretario NurSind di Monza e della Brianza, che ha inviato una richiesta urgentissima di incontro con la Prefetta Patrizia Palmisano, con il sindaco di Monza Dario Allevi, e con il direttore generale dell’Asst Monza Mario Alparone. Un incontro con l’obiettivo di individuare e attivare immediatamente le strategie di intervento per “alleggerire” il carico di lavoro degli infermieri dell’ospedale monzese.
“Non è il momento delle polemiche – precisa Cosi -. Purtroppo i nostri gridi d’allarme lanciati oltre un mese fa sono caduti nel vuoto, anzi siamo stati accusati di fornire informazioni errate. Dalla Direzione del San Gerardo sono sempre arrivate notizie rassicuranti: ci avete detto che la situazione era sotto controllo, che non mancava personale, che anzi ne avevate assunto di nuovo. Ma ad oggi, purtroppo, ci ritroviamo di fronte allo scenario più drammatico che neppure noi avremmo mai voluto avere: un ospedale totalmente Covid, con un aumento dei pazienti in Terapia intensiva, e purtroppo aumentano anche quelli che devono ricorrere alla C-pap”. La scenario nelle corsie del San Gerardo è drammatico; il rapporto infermieri pazienti sta peggiorando: un infermiere deve seguire 10 pazienti con lo scafandro; in Terapia intensiva si è passati da un infermiere per due pazienti, a un infermiere per tre pazienti avendo dovuto inviare rinforzi all’ospedale della Fiera di Milano. Il problema è che gli infermieri mancano, e quelli che vengono reclutati direttamente all’interno dell’ospedale hanno un’età media di almeno 50 anni, con una lunga esperienza, ma inadeguati a essere impiegati in una emergenza come questa. Con le limitazioni fisiche che una vita in corsia gli ha lasciato sulle spalle non ce la fanno a sostenere il peso fisico e psicologico di questa situazione. “So che a breve inizieranno a lavorare circa una trentina di infermieri – precisa -. È una goccia nel mare, si tratta peraltro di assunzioni a tempo determinato che non bastano a far fronte a tutta la lunga ondata di un inverno che sarà caratterizzato dal Covid e quindi da un costante contagio a rotazione anche degli stessi lavoratori”. La richiesta è quella di coinvolgere immediatamente non solo l’Esercito, ma anche la Protezione civile e le associazioni di volontariato già impegnate nel settore sanitario, da impiegare a supporto degli infermieri sgravandoli di quei compiti non di loro pertineza, e che oggi per mancanza di personale sono obbligati a fare. “Nel frattempo è fondamentale chiedere aiuto – conclude Cosi -. Durante la prima pandemia sono arrivati infermieri anche dall’estero. Che le istituzioni locali si facciano portavoce di questa necessità con i vertici della Regione Lombardia, ma anche attraverso i rapporti personali e commerciali che molti imprenditori del territorio,  premiati anche dal Comune,  hanno con Paesi quali la Cina, la Romania, Cuba, la Russia. È il momento di far intervenire concretamente gli “amici” tanto sbandierati per aiutare la comunità”.

 

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