Sono i minori e le donne i soggetti più esposti alla povertà alimentare, il lockdown ha aumentato l’insicurezza alimentare per le famiglie, colpendo in particolare coloro che vivevano in condizioni di precarietà. La perdita del lavoro per interi nuclei famigliari dall’inizio della pandemia ha spinto verso la povertà nuove fasce della popolazione a rischio, esponendole alla mancanza di cibo adeguato. A fronte dell’aumento delle richieste di aiuto, solo una piccola parte delle famiglie in stato di bisogno ha ricevuto assistenza tramite i buoni alimentari, la misura di emergenza varata dal Governo ed erogata dai Comuni. È questa la fotografia che emerge dal Rapporto “La pandemia che affama l’Italia. Covid-19, povertà alimentare e diritto al cibo”, lanciato da ActionAid per indagare come la pandemia ha allargato lo scenario della povertà alimentare nel nostro Paese, quali politiche di contrasto sono state realizzate dal Governo e dagli enti locali e quali risposte solidali dal basso sono nate sui territori.
Caso emblematico degli effetti di lunga durata della crisi scatenata dal Covid19 è quello di Corsico, centro dell’hinterland milanese che già prima dell’emergenza registrava la percentuale più elevata di poveri di tutti i comuni dell’area. Sono state intervistate oltre 300 famiglie che, grazie anche al sostegno di ActionAid, ricevono aiuti alimentari da parte dell’associazione La Speranza. L’80% di chi richiede aiuto è donna tra i 22 e gli 85 anni, ben il 91% delle donne in età da lavoro è disoccupata. Nei nuclei famigliari sono presenti oltre 186 minori. Qui sono esplosi i numeri delle persone colpite dalla povertà alimentare – che significa insufficiente quantità di cibo (non si consumano abbastanza pasti quotidiani) e una dieta inadeguata e poco diversificata (si consuma poca o pochissima verdura, frutta e non si riesce garantirsi un pasto con carne, pesce, pollo ogni secondo giorno). La maggior parte degli intervistati (il 76,85%) ha sofferto di grave insicurezza alimentare: ha dovuto saltare ripetutamente interi pasti per la mancanza di cibo sufficiente. Un quadro che non si modifica guardando ai minori: solo 2 famiglie hanno affermato che i propri figli effettuano cinque pasti al giorno; 94 famiglie, per un totale di 135 minori, hanno dichiarato che i propri figli effettuano solo 3 pasti al giorno. 10 famiglie, per un totale di 10 minori, hanno dichiarato che i propri figli non mangiano più di due volte al giorno. Per la stragrande maggioranza delle famiglie, 135, questo è accaduto più di dieci volte al mese, con punte 20/30 episodi durante il lockdown. Inoltre, quelle stesse famiglie sono scivolate verso la povertà estrema: in 138 un componente ha perso il lavoro durante il lockdown. Si tratta di un quadro allarmante visto che adesso sono 177 su 316 le famiglie prive di reddito da lavoro.
Si stima che oltre due milioni di famiglie in Italia scivoleranno nella povertà assoluta a causa delle crisi economica determinata dalle misure di contenimento della diffusione del virus. Parliamo di un aumento di circa il 50% rispetto al dato del 2019, quando il numero di famiglie che vivevano sotto la soglia povertà assoluta era di 4,6 milioni. Per affrontare l’emergenza alimentare durante il lockdown, il governo ha stanziato di 400 milioni di euro da distribuire agli oltre 8.000 comuni italiani per l’erogazione di buoni spesa e/o l’acquisto e distribuzione di generi alimentari e beni di prima necessità, affiancati da risorse aggiuntive dei Comuni.
A Corsico, la ricerca di ActionAid ha cercato di capire se la misura sia riuscita a intercettare le famiglie che ricevono il sostegno alimentare da La Speranza. Sono state realizzate 316 interviste ad altrettante famiglie che nel mese di settembre si sono recate da La Speranza per ricevere il pacco alimentare. I minori di 17 anni sono 307, distribuiti in 163 nuclei. Su 316 famiglie, in 177 (il 56%) nessuno risulta occupato, mentre lavora una persona in 133 (42,1%). In sole 4 famiglie lavora più di un componente (1,26%). Sono 103 i minori che vivono in famiglie in cui nessuno ha un lavoro (41 tra 0 e 5 anni; 38 tra 6 e 10 anni; e 52 tra 11 e 16 anni). Sono invece 138 le famiglie nelle quali un componente ha perso il lavoro a causa della pandemia. Rispetto ai buoni alimentari 143 famiglie (45,25%) non erano a conoscenza dell’opportunità. Sono state invece 111 le famiglie che hanno presentato domanda ma solo 55 (il 17,4%) hanno ricevuto i buoni alimentari, mentre 18 hanno dichiarato di essere sempre in attesa di una risposta. La maggior parte di quelli che hanno ottenuto i buoni hanno ricevuto 450€ (29) e 250€ (14). Del totale delle famiglie che non hanno ottenuto i buoni (34), 26 hanno ricevuto un riscontro e una motivazione, 7 nessun riscontro, 1 nessuna motivazione.
L’analisi, estesa a 8 comuni del territorio nazionale (Torino, Milano, Corsico, L’Aquila, Napoli, Reggio Calabria, Messina e Catania) ha mostrato le molte criticità rilevate nei buoni spesa: criteri di accesso discriminatori, risorse insufficienti, modalità di accesso alla domanda non facilmente fruibili per tutti, tempi di erogazioni in certi casi troppo lunghi. A fare da collante per le diverse realtà il carattere fortemente escludente dell’intervento sia a causa dei criteri discriminatori, in particolare quella della residenza, ma anche il reddito, sia dalla mancanza di risorse adeguate a far fronte alla domanda. Alla risposta di emergenza sul tema viene a sommarsi anche un vuoto di strategia del problema. La povertà alimentare in Italia appare come un settore marginale delle politiche sociali, e continua a venire vista più un sintomo che una conseguenza della povertà senza riconoscere il diritto umano a un cibo adeguato.
“È necessario dotare il nostro Paese di un quadro di interventi centrati sul cibo come diritto umano fondamentale nel contrasto alla povertà alimentare. Sarà orientare questa nuova consapevolezza per fare pressione sulle istituzioni perché elaborino efficaci strategie di contrasto alla povertà alimentare, e che siano supportate da risorse adeguate. Ad esempio, garantendo l’accesso universale a bambine e bambini alle mense scolastiche e inserendo nella prossima Legge di Bilancio un fondo di solidarietà alimentare che disponga di nuove risorse addizionali e che tenga presente della crisi attuale. Il cibo deve tornare a rappresentare un’opportunità non solo di sostenibilità e salute, ma anche di equità per tutte le comunità del nostro Paese” dichiara Roberto Sensi, Policy Advisor Global Inequality ActionAid Italia.
Per questo ActionAid ha inviato una serie di raccomandazioni per affrontare con proposte concrete l’emergenza alimentare.