10 anni fa come oggi in un maledetto incidente stradale sull’Interstate 15, nei pressi di Mesquite, in Nevada, USA, ci lasciava l’immenso STEVE LEE, voce storica e indimenticabile, nonché membro fondatore e punta di diamante dei GOTTHARD. Dal 1992 al 2010, la band svizzera, con Steve al timone, ha conquistato il mondo vendendo oltre 1 milione di copie con 12 album pubblicati (live inclusi). Dopo l’ennesimo tour e dopo molti anni di assenza dall’amata terra americana che il nostro sognava da sempre di attraversare in moto, quella che doveva essere una semplice vacanza spensierata e rilassante ha avuto un tragico, imprevedibile epilogo: in un soffio, sotto la pioggia, Steve non c’era più…
Il suo ricordo vive e neanche la sua voce si è mai spenta!
Leo, Marc, Hena e Freddy, con il nuovo cantante e frontman Nic (presente anche sul nuovo album nei cori, perché i Gotthard restano innanzitutto una grande famiglia) hanno continuato la propria carriera quasi per miracolo, spinti solo dall’amore per la musica: in questi giorni omaggiano l’amico, l’artista, l’uomo prematuramente scomparso con un nuovo disco “intimo”, in sua memoria.“The Eyes Of A Tiger – In Memory of Our Unforgotten Friend”, uscito fresco venerdì 2 Ottobre 2020 su Nuclear Blast, onora al meglio la leggenda di Steve Lee con una serie di brani, ben 14, a cui il gruppo stava lavorando proprio con Steve poco prima della sua morte… quale occasione migliore per rispolverarli e rifinirli? Per lo più degli acustici (il quintetto all’epoca aveva già in cantiere il “deFrosted 2”), ma anche elettrici, remake di classici dal loro magnifico repertorio, ma anche inediti e cover (tra cui quella dei Survivor che da il titolo al disco, proposta in due versioni), nello stile pieno con cui i Gotthard ci hanno sempre deliziato e stuzzicato negli anni. Melodic Hard Rock di primissima qualità, da occhi lucidi, di quello che sgorga dall’anima e arriva dritto al cuore…“Per me, quel che conta è fare buona musica e scrivere belle canzoni, non m’importa tanto di essere famoso, quanto ritrovare me stesso, come tutti noi”, dichiarava candidamente lo stesso Steve nel 2010. Amava intrattenersi con i fan. Lui era così… genuino, gentiluomo, di classe, concreto, sincero come il suo bel sorriso, puro proprio come quel suo talento raro, sbocciato piano piano… quasi per caso, già a metà degli anni ’80.
In pochi sanno che prima dei Gotthard, Steve ha militato in altre due promettenti band ticinesi, i TROUBLE e i FORSALE, in veste – pensate un po’ – di batterista! (al seguente link trovate un raro filmato televisivo che vede Steve alla batteria). Una magica sera dell’estate 1987, di fronte a una platea di 8000 persone in Piazza Grande a Locarno, di spalla ai Marillion, l’assenza imprevista del cantante fu galeotta e una “Child In Time” (cover dei Deep Purple) da urlo (è proprio il caso di sottolinearlo!) ha fatto scoccare la scintilla definitiva e dato il coraggio al buon Leo Leoni di farsi avanti, con la proposta di un nuovo progetto, ambizioso eppure ben definito, che era scritto nel destino… anzi incastonato nella roccia, quella Mamma Montagna, il Passo del San Gottardo, che si prestava ad un efficace gioco di parole, li ha ribattezzati (dopo un brevissimo periodo col nome di Krak) e portati al successo sotto la guida del bassista, compositore e produttore dei Krokus, Chris von Rohr. “Quando lo sentii cantare ‘così’ da seduto dietro la batteria”, ricorda il chitarrista Leo, “sono rimasto senza fiato! La prima volta fu addirittura in una sala prove, per pura casualità. Ero euforico e mi sono detto: questa è una voce che può conquistare il mondo intero!”. In quel preciso momento nasce tra Leo e Steve un’intesa creativa e umana che diventa una fratellanza, di quelle che vanno ben oltre l’arte, di quelle che capitano una sola volta nella vita!
Tutti vorrebbero un cantante come Steve Lee, con il pedigree del frontman di razza e il DNA della rockstar, eppure con l’attitude in prima linea solo al momento giusto: la sua musicalità intensa, la sua creatività sempre viva, l’estensione vocale da brividi, la presenza scenica innata, la passione che ci metteva in tutto quel che faceva, ma anche la sua integrità, che ha sempre fatto la differenza e messo d’accordo tutti, dal manager al fan in ultima fila. Convincerlo ad alzarsi dal seggiolino dietro la sua batteria non fu facile, perché in fondo era un timidone, modesto e umile, agli esordi completamente inconsapevole del suo talento da “one in a million”! Anche durante i suoi 18 anni con i Gotthard, tra hit, tour da headliner o con maestà del rock quali Deep Purple, Rolling Stones, Bon Jovi, Scorpions, Europe, Bryan Adams e AC/DC (che hanno tutti riconosciuto da subito il suo immenso valore e qualcuno ne ha addirittura temuto il confronto!) Steve Lee non dava mai nulla per scontato: “Credeva nel suo talento”, spiega Leoni, “l’istinto prendeva il sopravvento, ma era anche un tipo tranquillo, un cauto ottimista. Al nostro primo incontro l’ho convinto a riprovarci, sul serio, e l’ho sempre spronato a sfruttare al meglio il suo ‘strumento’, dal giorno uno. Il suo era un dono, il resto è storia della musica”.
Steve Lee (Stefan Alois Lee) è nato in Svizzera a Horgen il 5 Agosto 1963, da genitori svizzero-tedeschi. Quando era ancora un bimbo, la famiglia si trasferì nel Canton Ticino, crescendolo poliglotta: parlava correntemente italiano, tedesco, francese e inglese. A 12 anni la prima batteria avuta in regalo gli aprì un nuovo mondo, ma con la testa sulle spalle portò comunque a termine gli studi con tanto di specializzazione da orafo: “Fare l’orologiaio mi ha aiutato a imparare a tenere bene il tempo quando facevo il batterista!”, era una delle sue battute preferite, sinonimo del suo grande spirito. “Si vede che nasco batterista perché sul palco non sto fermo un secondo!”. Suonava anche il piano, l’armonica, strimpellava la chitarra (“solo quanto basta per comporre”, diceva) e nell’ultimo periodo aveva scoperto il Didgeridoo (strumento Australiano degli Aborigeni) “che sviluppa la tecnica della respirazione”. Oltre che di rock duro (John Bonham, David Coverdale e Steve Perry i suoi idoli assoluti), era appassionato di minerali (soprattutto il quarzo) e di bonsai che amava coltivare nella sua casa di Porza, frazione di Lugano: “Intagliare pietre preziose è un ‘brillante’ privilegio, l’ho fatto per 10 anni, mentre oggi mi rilassa e mi affascina particolarmente occuparmi di piccoli bonsai: sono delicatissimi eppure proprio nella loro fragilità germoglia una forza incredibile… il contatto con la natura e i suoi ritmi da rispettare… richiede tanta calma coltivarli e una buona dose di concentrazione, doti che controbilanciano al meglio quell’altra mia forte e irresistibile passione”, amava raccontarmi. Poi c’era il jogging, e la vela, il nuoto, le motociclette, piaceva tanto a Steve mantenersi in forma e viaggiare anche al di là dei tour. Era un “rocker riservato e per bene” Steve: dal 1990 è stato sposato con Karin, dalla quale divorziò nel 2004. Con la sua fidanzata più recente, l’ex modella Brigitte Voss Balzarini (che, assieme al bassista Marc Lynn, era con lui durante l’ultimo fatale viaggio in America) non si è mai sposato. Spesso coinvolto in iniziative benefiche, anche per i diritti degli animali, ha partecipato ogni anno con la sua Harley Davidson alla Love Ride di Zurigo. Nella cittadina di Porza dove Steve riposa accanto al campione di Formula 1 Clay Regazzoni, gli hanno dedicato una via e intestato una sala eventi. Ha ricevuto anche un prestigioso riconoscimento postumo agli Swiss Music Awards con il Tribute Award nel 2011.
Oltre che con la “sua” band, a cui è rimasto fedele e devoto fino all’ultimo, non lasciandosi mai tentare dalle varie proposte lusinghiere inevitabilmente fioccate negli anni, Steve ha collaborato tra gli altri con Jon Lord (Deep Purple), Arjen Lucassen (Ayreon) e con la soprano spagnola Montserrat Caballé, che diceva di lui: “Steve non canta, INCANTA! Anche chi non predilige le sonorità del rock duro”.
Pare che, poco prima della sua morte, avesse iniziato a pianificare un album solista, la cui uscita era prevista nel 2011, per esplorare nuovi lidi artistici e sfiorare il cielo con il bel canto come soltanto lui sapeva fare…
Steve Lee resta immortale attraverso le emozioni delle sue canzoni e dei suoi testi toccanti, la sua voce potente, la sua natura autentica. Passano gli anni eppure il ricordo resta vivido e indelebile per chi ha avuto il privilegio di conoscerlo (come me) e per i suoi fan. Tra le nuove iniziative legate alla sua memoria segnaliamo anche quella di Figurine Forever di Emiliano Nanni – approvata da Flavio Hochstrasser (amico di infanzia di lunga data del cantante e legale rappresentante di Steve per conto della famiglia, nonché ex vocalist di Trouble e Forsale, e saltuariamente corista dei Gotthard) – che ha pubblicato proprio oggi in edizione limitata di 300 copie la Figurina FanForever dedicata a Steve Lee (in maglia calcistica svizzera, stile mondiali USA ’94): i proventi derivati dalla vendita delle Card verranno devoluti interamente ad una charity che aiuta i bambini poveri del Madagascar.
E poi c’è il docu-film su “Steve Lee, la voce gentile del rock” – la storia di un cantante fuori dal comune che ha combattuto le sue paure per trovare la propria strada – a cui ho partecipato anche io, con piacere ed orgoglio, trasmesso in premiere ieri sera, prodotto dalla RSI e diretto da Kevin Merz, lo stesso regista del film “One Life, One Soul” sui 25 anni dei Gotthard (passato anche dalla Piazza Grande del Locarno Film Festival nel 2018). Non da ultima arriva la Puntata di Linea Rock, Speciale quanto lui e dedicata a Steve Lee, che andrà in onda questa sera, lunedì 5 Ottobre 2020, in diretta dalle ore 20 alle 22 su Radio Lombardia, sul Canale 626 del digitale terrestre e in streaming tramite il nostro sito o app.
Dal 2017 Leo Leoni ha fondato i “suoi” CORELEONI, band con cui ha inciso due album dedicati agli esordi e si è impegnato in tour parallelamente ai Gotthard, per tenere vivo il repertorio degli anni con Steve. Naturalmente anche i Gotthard avevano pensato ad un grande evento dedicato a Steve per il decennale dalla scomparsa: “Avevamo da tempo programmato un concerto commemorativo ma poi il maledetto COVID-19 ha rivoluzionato tutto! Allora ci sono tornate in mente quelle registrazioni da pelle d’oca emerse dai nostri archivi, un vero tesoro che DOVEVA essere condiviso con il mondo, diventato un tribute-album speciale per ricordarlo e ricordare a tutti che Steve fa ancora parte di questa band e lo sarà per sempre! Magia pura poter sentire Steve cantare ancora una volta con noi, come fosse ancora al di là del vetro con la sua voce unica. Registrare le linee di basso è stato molto emozionante per me”, racconta Marc, e Freddy aggiunge: “L’ultima sessione registrata con Steve riporta alla mente così tanti ricordi dei nostri spettacoli, della nostra vita, di quanto fosse un grande cantante e un grande uomo“.
Un viaggio nel tempo, che non si è concluso 10 anni fa sull’autostrada per l’inferno in Nevada. Perché nelle parole di Nic Maeder: “Steve è amato, veramente amato, da molte molte persone. La sua presenza è forte, una leggenda indiscussa che non si spegnerà mai!”.
R.I.P. STEVE LEE, forever in our hearts…
L’ultimo concerto…
L’ultimo disco…