Covid, ora si chiede ai genitori di diventare anche pediatri…

Covid nelle scuole: i pediatri non si assumono responsabilità e mandano tutti a fare i tamponi. Ma ora si rimette la valutazione ai genitori // di Fabio Massa

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Pinocchio a cura di Fabio Massa
Pinocchio a cura di Fabio Massa

Quando dicono che i genitori sono dei superuomini e delle superdonne avevamo sempre pensato che fosse per scherzare, e per dare ancora più importanza al ruolo. Una di quelle definizioni da telefilm americano, genitori in blue jeans o roba del genere. E invece no, dobbiamo essere davvero superuomini e superdonne. L’ultima mansione che ci hanno dato con il coronavirus, dopo aver fatto gli insegnanti con la didattica a distanza, e aver fatto gli psicologi per cercare di rassicurare i piccoli, è che dobbiamo sostituirci anche ai pediatri. È un tasto su cui batto da tempo. In origine c’è stato il fatto che i pediatri non si assumevano responsabilità e mandavano tutti i bambini senza neppure visitarli direttamente a fare il tampone. Poi, anche qui come ampiamente previsto, il sistema è entrato presto in una fase critica, e per scongiurare il rischio collasso le istituzioni regionali hanno chiesto ai pediatri di “fare filtro”. Ovvero, tradotto, di valutare se ci fossero o no i sintomi del covid. Ovvero, tradotto, di fare il loro lavoro. Quindi, riepilogando. La scuola non si prende responsabilità e quindi al primo starnuto manda a casa i bambini dicendo che i pediatri devono certificare che non ci sia covid prima di farli rientrare. I pediatri non si prendono responsabilità e mandano tutti a fare i tamponi. I tamponi ovviamente non bastano e quindi che cosa si fa? Si obbligano i pediatri a fare il loro lavoro, visto che di fatto sono dipendenti statali? Si mandano i medici nelle scuole per visitare tutti come sarebbe logico? Macché. Si dice ai genitori che devono fare loro. E così, da qualche giorno è arrivata l’informazione che dopo tre giorni a casa il bambino non deve essere visitato dal pediatra, ma sta alla valutazione del genitore stabilire se è covid oppure no, e sotto la propria responsabilità rimandarlo in classe. Per carità, per il bene dei figli faremmo questo e altro, e dunque faremo questo e altro. Ma lasciatemi pensare che forse non sta andando tutto benissimo. Proprio no. Perché io faccio il giornalista. Che cosa ne so dei sintomi del Covid o dell’influenza classica? Che cosa ne so se ha le placche in gola oppure ha una polmonite interstiziale asimmetrica? Devo laurearmi in medicina su google? E perché deve mancarmi un servizio essenziale come il presidio medico per i bambini? Domande senza risposta, mentre ci accingiamo a fare anche i pediatri, nel frattempo.

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