Caso camici, il cognato di Fontana offrì i 25 mila pezzi ad una onlus

Lo testimonia un messaggio whatsapp inviato da Andrea Dini alla presidente di una onlus varesina due ore prima del momento in cui la fornitura di camici fu trasformata in donazione.

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Un messaggio whastapp del 20 maggio, secondo i pm,  smentisce la versione della donazione dei camici alla Regione. Non è stato un atto di generosità, ma «un preordinato inadempimento» contrattuale «per effetto di un accordo retrostante» tra la Regione e il fornitore Andrea Dini della Dama spa cognato del presidente della Regione Attilio Fontana.  Col messaggio, Dini tenta di rivendere 25 mila camici (sulla commessa regionale da 75 mila del 16 aprile) già 2 ore prima di proporre alla Regione di tramutare in regalo i 50 mila camici forniti fino allora, senza nemmeno sapere se poi la Regione avrebbe accettato di non pretendere più i restanti 25 mila . Lo scrivono oggi alcuni quotidiani.  “Ciao, abbiamo ricevuto una bella partita di tessuto per camici. Li vendiamo a 9 euro, e poi ogni 1000 venduti ne posso donare 100”, è il messaggio mandato  da Dini alla presidente di una onlus varesina, due ore prima di formulare per la prima volta l’offerta alla Regione di trasformare la fornitura in parziale donazione con una contestuale riduzione della restante fornitura. Il 18 giugno la donna, sentita dai pm, avrebbe rafforzato questa loro interpretazione, aggiungendo che in aprile Dini le aveva detto “di dover vendere alla Regione” in forza di “un contratto in via esclusiva”.  La Guardia di Finanza ha trovato e sequestrato i 25 mila camici nel magazzino della società Dama. Nell’inchiesta, Fontana e il cognato sono coindagati per frode in pubbliche forniture.

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