Nessuna protesta contro il Governo, niente sedie in piazza, niente post di fuoco sui social su presunte “dittature” o “complotti” ma saracinesche chiuse ancora per un po’ “anche perché abbiamo paura che riprendano i contagi”. La comunità cinese di Milano (come quella di Prato e – come pare in queste ultime ore – i commercianti e ristoratori cinesi in genere) ha deciso di tenere chiuso almeno per un paio di settimane ancora. Le ragioni della scelta le ha spiegate Francesco Wu, titolare di diverse attività a Milano e presidente dell’Unione imprenditori Italia Cina. A non convincere gli imprenditori cinesi, soprattutto il fatto che “siamo arrivati a ridosso della ripartenza con delle regole che sono state scritte solo la notte prima – spiega Francesco Wu – e non ci sia nemmeno stato il tempo di organizzarsi”. A preoccupare Wu e i suoi colleghi è soprattutto il fatto “che le indicazioni sono tante ma poco chiare”. “Non sappiamo ad esempio se chi si presenta in un ristorante deve presentare un’autocertificazione o no – dice -. Può non essere un problema se si presenta una famiglia che abita insieme, ma se arriva un gruppo di amici cosa dobbiamo fare? Non è chiaro se dobbiamo considerarli congiunti o meno. Come dobbiamo sistemarli?”. Ma è forte anche la preoccupazione che la riapertura con numeri di contagi ancora alti, come in Lombardia, porti ad un aumento delle infezioni e, di nuovo, al propagarsi del virus. Wu lo ha spiegato sia sulla sua pagina Facebook che in un’intervista a TgCom24: “Abbiamo avuto un danno economico importante – ammette – che stiamo sopportando senza grandi proteste, ma questo fa parte proprio della cultura cinese. Stiamo cercando di tenere duro e di sopportare fino al limite, com’è nella nostra tradizione. Credo però, che senza sottovalutare i nostri colleghi italiani, noi imprenditori cinesi abbiamo una resilienza e una capacità di pianificazione maggiore”. “In questo momento riaprire troppo velocemente è antieconomico – sottolinea Wu – : ad esempio per noi ristoratori non è secondario sapere come dobbiamo gestire le prenotazioni, sistemare i clienti nei vari tavoli, che tipo di documentazione chiedere loro per poterli ricevere”. La scelta, quindi, è di proseguire con la cassa integrazione ancora per un po’, anche se “i soldi ai dipendenti, o agli imprenditori che hanno anticipato gli stipendi, non sono ancora arrivati”.