Indagini RSA, licenziato dipendente che fece partire le indagini con la sua denuncia

Due operatori del PAT hanno chiesto alla struttura i danni per aver contratto il Covid. Intanto al Don Gnocchi è stato licenziato il dipendente che per primo denunciò la situazione. Un infermiera ha fornito ulteriori informazioni nella sua denuncia inviata alla Procura di Milano.

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Un operatore socio-sanitario del Pio Albergo Trivulzio ha chiesto un risarcimento danni per aver contratto il Covid-19 “a causa della condotta negligente della struttura”. Nella lettera l’operatore sanitario riferisce della “mancata fornitura e consegna dei dispositivi individuali” fino al “mancato isolamento degli ospiti con sintomatologia compatibile con il virus”. Anche un altro dipendente ha inviato all’azienda una richiesta di risarcimento danni. Da quanto riferito, la direzione del PAT avrebbe risposto ad entrambi i lavoratori e avviato la pratica di risarcimento tramite un’assicurazione. Mentre un lavoratore che denunciò la Fondazione Don Gnocchi, facendo scattare le indagini dei pm milanesi, si è visto consegnare una lettera di licenziamento. Altri dipendenti avrebbero ricevuto delle lettere di sanzione disciplinare e l’avviso di trasferimento in altre sedi. Ricordiamo che molte RSA milanesi sono al centro delle indagini della procura e i vertici, tra cui quelli del PAT e della Fondazione Don Gnocchi, indagati per epidemia colposa. Tra le denunce che in questi giorni arrivano alla Procura di Milano riguardo la gestione delle RSA durante l’epidemia di Covid-19 c’è anche quella di una infermiera del Pio Albergo Trivulzio. La donna racconta che al Trivulzio sono mancati “i dispostivi di protezione individuale idonei” e ci sono state “carenze organizzative” riguardo l’isolamento dei nuovi pazienti. L’infermiera scrive che alcuni anziani ricevevano visite da partenti residenti in comuni limitrofi alla “zona rossa” del Lodigiano e il 14 marzo una dottoressa, insieme ad alcune caposala, disse di non indossare le mascherine “per non creare scompiglio tra i pazienti”. Infine, l’infermeria denuncia che anche dopo il primo decesso “anomalo” il 10 marzo i medici avrebbero chiesto al personale di servire i pasti nel salone comune, nonostante gli infermieri da tempo distribuivano il cibo nelle singole stanze per diminuire il rischio di contagio.

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