Sindacati, garantire la sicurezza dei lavoratori

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A più di un mese dalla sottoscrizione del protocollo sulla sicurezza condiviso dal Governo e dalle parti sociali, inerente le misure da adottare per assicurare per il contrasto alla diffusione del virus Covid19 negli ambienti di lavoro, nelle aziende di Milano e provincia solo il 30% di quelle in continuità produttiva risulta aver attivato i previsti comitati per l’applicazione e la verifica delle previsioni ivi contenute. Lo dicono Cgil, Cisl e Uil Lombardia.
L’esito della prima fase di monitoraggio realizzata di seguito all’accordo di collaborazione tra queste segreterie territoriali e ATS città metropolitana di Milano, riguardante l’invio della check list predisposta dalle strutture confederali Cgil, Cisl, Uil Lombardia, ha evidenziato che su oltre 12 mila invii alle aziende – i cui codici Ateco rientrano tra quelli autorizzati ad operare – poco più di 2.230 hanno dato riscontro e di queste circa 660 hanno attivato i comitati.

“La lettura di questi dati -scrivono i sindacati –  ci preoccupa fortemente, perché da un lato segnala il mancato adempimento di una richiesta avanzata da una autorità pubblica responsabile della prevenzione e protezione della sicurezza negli ambienti di lavoro sul territorio, dall’altra manifesta un’elusione e potenziale inosservanza delle norme e protocolli atutela dei lavoratori”.

“Per questo, e con riferimento alla discussione in corso riguardante la cosiddetta fase 2, riteniamo non si possa prescindere da una revisione preventiva in senso prescrittivo e sanzionatorio del protocollo sottoscritto lo scorso 14 marzo, che valorizzi il ruolo della rappresentanza dei lavoratori nelle sue diverse forme aziendali e/o territoriali, e che
con sollecitudine dia corso ad una azione coordinata e mirata da parte dei soggetti deputati, riguardo l’attività ispettiva e di controllo rivolta alle aziende.
Riteniamo a tale proposito opportuno evidenziare anche le migliaia di richieste rivolte al Prefetto di Milano, tese a derogare il limite imposto dal Dpcm del 22 marzo u.s., modificato da decreto del MISE dopo il confronto sindacale il 25 marzo u.s., in ordine alle aziende autorizzate ad operare in continuità produttiva, e che secondo il principio del silenzio assenso stanno operando; se da un lato è facile prevedere potenziali violazioni e lavoro irregolare, altrettanto conseguente l’esposizione a fattori di rischio per i lavoratori.
Potenziare, rafforzare ed effettuare verifiche e controlli mirati, si rende oltremodo essenziale e prioritario nell’attuale emergenza, che peraltro vede ora tristemente protagonista la città di Milano e la sua provincia, per l’aumento sensibile e quotidiano dei casi accertati di contagio. Il Sindacato non è contrario alla riapertura delle fabbriche, aziende, uffici privati e pubblici. Il sindacato, tenendo anche conto delle indicazioni della comunità scientifica, pretende che siano rispettate le norme in vigore e rispettati gli standard per la messa in sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, sicurezza che non può essere derubricata a mera prevenzione infortunistica: su questo occorre che le aziende, i manager, i vertici delle istituzioni pubbliche e private cambino velocemente paradigma.
Ora più che mai tutelare la salute e la sicurezza di chi lavora, è tutelare e salvaguardare la collettività”.

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