Nel Pontificale di Pasqua, in un Duomo deserto, l’Arcivescovo di Milano Mario Delpini parla per primi ai più giovani, ma il messaggio è rivolto a tutti.
«C’è un paese delle tenebre. È il paese dove si aspettava che dopo il tramonto sorgesse il sole, come succedeva sempre fin dall’inizio del mondo. E, invece, il sole non è sorto. Così il paese è diventato il paese delle tenebre, la terra dell’oblio, dove non si distinguono i colori e dominano il grigio e il nero». Il paese dove «non si sta a tavola volentieri, perché non c’è niente da dire; non si sta volentieri al telefono o in video conferenza, perché non si trovano più parole. Non si sta volentieri neanche davanti alla televisione, perché da settimane continuano a ripetere le stesse parole». Insomma, là dove «non c’è musica, ma solo rumore». Eppure, in questo mondo desolato, qualcosa rimane: l’attesa. «Si aspettava la Pasqua. Dicevano che sarebbe tornato il sole e perciò i colori, i giorni e le storie, le feste e gli abbracci. Nel paese delle tenebre a poco a poco si fece luce, brillarono i colori, si avvertiva un’aria lieta, si diffondeva una musica festosa. Ma che cosa era successo? Nessuno aveva visto sorgere il sole eppure la terra fu piena di luce». Quella che viene da dentro di noi, dallo splendore dell’anima, per cui le «tenebre non l’hanno vinta», come dice il Vangelo di Giovanni. «Perciò Maria adesso vede: il Crocifisso è il risorto: “Maestro”, lo chiama. Dentro s’è accesa la luce di Pasqua». La speranza e l’impegno è di riuscire a comportarsi come figli della luce.
Infine, l’augurio: «In questi tempi siamo stati travolti da un’alluvione di parole che non accenna a finire. Forse anch’io ci ho messo la mia parte, però adesso non voglio più dire parole se non invocare la benedizione del Signore. Che entri in tutte le case, là dove l’essere chiusi in casa è più noioso, è più irritante. Arrivi la benedizione di Pasqua come un dono della gioia per la presenza di Gesù; arrivi come un ritmo, un orario della giornata fatto di momenti che danno gioia, non solo un’emozione di un istante. E voglio che la benedizione di Pasqua arrivi anche in quelle situazioni in cui, pur permettendolo le autorità, non si può uscire di casa. Per esempio, per chi non ha casa e, quindi, non ha un luogo dove riposare e rimanere chiuso; per chi è malato e ricoverato; per chi è in carcere e per tutti coloro che sono costretti da altri motivi a non uscire di casa».
Nel pomeriggio, l’Arcivescovo ha visitato la RSA “Anni Azzurri, Polo geriatrico-Riabilitativo” di Lambrate, a sottolineare la vicinanza sua personale e dell’intera Chiesa ambrosiana agli anziani.