Coronavirus, le aziende cambiano le abitudini

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Cosa è successo quando c’è stato un caso nella città sede dell’azienda? Come è cambiata la comunicazione e cosa si decide di dire? Come si sta gestendo questa crisi?  La situazione vista dall’agenzia di comunicazione giornalistica Eo Ipso. Da come comunicano le aziende si vede quello che stanno facendo. Il Coronavirus sta rivoluzionando la situazione all’interno delle aziende, soprattutto quelle nella zona gialla. C’è chi ha fatto la scelta del telelavoro, chi produce e non può, chi ha deciso di continuare come prima. Tutti sperano che la situazione migliori e cercano di salvare il proprio business e i posti di lavoro.  Al di là delle scelte fatte, come è stata gestita la comunicazione sia verso i dipendenti che verso l’esterno?
Comunicazione interna
“Le grandi aziende hanno attuato delle politiche di trasparenza verso i dipendenti – spiegano Marino Pessina e Chiara Porta, rispettivamente Ceo e direttore responsabile dell’agenzia di comunicazione giornalistica Eo Ipso – Dopo avere mandato una comunicazione a tutti, per la maggior parte dei casi via mail, hanno istituito un numero interno da chiamare, in caso di dubbi o sospetti di contagio all’interno dell’azienda. E’ capitato che un caso di Coronavirus verificatosi nella città sede dell’azienda abbia scatenato non il panico, ma molte richieste di informazioni, non solo dai dipendenti ma anche dai loro familiari. Richieste arrivate da ogni dove, anche dai social o dalla mail di contatto sul sito. La politica che ha funzionato, in questo caso, è stata la trasparenza centralizzata, una persona o un gruppo di persone istruite in tempo reale su cosa dire, a cui è stato dato un numero dedicato. Qui sono state dirottate tutte le richieste, in modo da prendere tempo, per una eventuale comunicazione verso l’esterno. Ricordiamoci che qualsiasi cosa venga postata anche sui social aziendali è una comunicazione ufficiale da parte dell’azienda e come tale va trattata”. Le piccole aziende hanno fatto lo stesso, qui, ovviamente, a comunicare con i dipendenti è stato il titolare stesso.

Comunicazione esterna
I politici stanno gestendo l’emergenza invitando alla calma e mettendo in atto delle misure atte a limitare il contagio. La salute prima di tutto. “Tutti gli imprenditori e le aziende sono preoccupate per il loro business, anche quelle che al momento non soffrono, ma per ora, se si escludono gli operatori del turismo, della ristorazione e degli eventi, sono pochi quelli che danno la dimensione della perdita di fatturato – continuano Marino Pessina e Chiara Porta,  – Ne parlano con le associazioni di categoria, con la speranza di vedere messe in atto azioni di lobby che smuovano aiuti da parte del mondo politico e istituzionale. Ma, nei fatti, sono loro che in questo momento stanno lanciando il vero grido d’aiuto. In azienda si è impegnati a resistere alla crisi, a portare a termine i lavori che si hanno, ad attuare delle strategie di rilancio per il futuro. Il lavoro va avanti e così anche la comunicazione istituzionale già programmata. Alcuni eventi, potendo, sono stati fatti a porte chiuse e la cosa ha fatto notizia. Di Coronavirus si parla più che altro internamente, all’esterno si comunicano gli eventi che si stanno spostando avanti di un mese o due. Si spera, ma non si dice, anche per un senso scaramantico, che non vengano annullati, perché causerebbero, non nascondiamocelo, cali di fatturato drammatici. Le riunioni vengono spostate in avanti, con una mail o un messaggio privato, o sono fatte a distanza in conference call.

Qualcuno ha trasformato questa situazione di crisi in un’opportunità, come le aziende che producono dispositivi sanitari o chi si occupa di smart working o, nel piccolo, le farmacie, che si sono messe a produrre in proprio disinfettanti per le mani. O, anche chi si occupa di beni alimentari, che con una grande dose d’ironia ha inventati prodotti “Coronavirus”, come pasticcini o gelati. La creatività italiana anche in questo caso è sempre magnifica. Le realtà più grandi si sono affidati ai dei comunicati stampa, quelle più piccole ai social e ai loro siti internet, quando ne hanno uno.

 

 

 

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