Coronavirus, Casa della Carità, non dimentichiamo i più fragili

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“ll momento che stiamo vivendo è senz’altro molto serio. Ma anche in questa fase così delicata per la nostra comunità, non dobbiamo dimenticare le tante persone fragili che abitano la città: anziani, persone con disabilità, uomini e donne senza dimora, famiglie in difficoltà. Sono persone che già vivono situazioni di sofferenza e solitudine e che rischiano in questo momento di sentirsi ancor più abbandonate e isolate”. E’ l’appello lanciato dalla Casa della Carità, insieme ad altre realtà milanesi  che si occupano dei più fragili: Opera San Francesco per i Poveri, Centro S. Antonio di via Farini, Le Suore della mensa di via Ponzio.  “Per quanto ci riguarda – si legge in un comunicato congiunto –  non smetteremo di mettere gli ultimi al centro della nostra azione, anche in questa fase così complessa. Per questo motivo, le nostre organizzazioni sono rimaste aperte e si stanno inventando di tutto, per continuare a offrire servizi adeguati a chi bussa alla nostra porta, pur nel rispetto di regole e normative. È per noi uno sforzo importante che, non lo nascondiamo, mette alla prova le nostre realtà. Ma è uno sforzo che siamo decisi a fare, perché nasce dalle motivazioni che quotidianamente ci spingono ad agire e che sono in questi giorni ancora più forti: partire dagli ultimi, prestare attenzione ai poveri, mettere “prima le persone”. Che non vuol dire praticare assistenzialismo, ma significa promuovere relazioni, diritti, uguaglianza e cittadinanza. Per alcuni di noi è quella “eccedenza della carità” che ci ha raccomandato il cardinal Martini ed è quello spirito di fraternità a cui ci richiama costantemente Papa Francesco.Forse, oggi più che mai ci stiamo tutti rendendo conto di che cosa significhi vivere in una condizione di vulnerabilità. Anche noi operatori sociali, che abbiamo a che fare tutti i giorni con “i fragili”, abbiamo un’occasione in più per capirli, non più semplicemente sedendosi accanto a loro, ma guardando cosa succede dentro ciascuno di noi, osservando  la nostra paura, interrogando il nostro spaesamento.  Sollecitiamo quindi le istituzioni ad avvertire, anche in questa fase, che solo una società solidale e attenta ai deboli è una società veramente matura.Gli ultimi, infatti, non sono un problema da affrontare in più, ma sono una risorsa. Sono portatori di una domanda di inclusione che non resta in attesa di una risposta calata dall’alto, ma si fa capacità di reagire. Spesso sono loro che ci insegnano come superare certi limiti e oggi ci danno la forza di affrontare insieme questo tempo di attesa, quasi di sospensione, carico di dubbi e paure”.

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