Oggi i commenti sull’argomento si sprecheranno. Ma voglio aggiungermi, per una volta. Il caso è quello di Elisabetta Trenta. Ex ministro, compagna dell’aiutante di campo di un generale dell’esercito. Lei, quando era ministro, aveva un alloggio istituzionale grande, al centro di Roma. Insomma, una bella casa. Che cosa ha fatto? Non se ne è andata, quando ha finito l’incarico, poiché l’esercito – stranamente, ma in modo regolare, pare – ha assegnato lo stesso identico alloggio al di lei consorte. Il quale l’ha potuto avere poiché l’altra casa della Trenta, che sta a Roma, non a Bolzano, è intestata a lei sola mentre lui, il consorte, risulta residente lontano dalla Capitale. Pensateci. Il tema non è che la Trenta, o meglio, non è solo, che la Trenta abbia tenuto una casa perché, dice lei, è più grande. Ma perché il marito risulta residente lontano da lei e dunque ha diritto a una casa. Piccola o grande. Ce la siamo presi con i politici, e lo stiamo facendo anche questa volta. Mentre per una volta dovremmo prendercela con l’esercito. Dare case in giro non è un costo da poco. E ogni cosa dovrebbe essere controllata a puntino. Altrimenti taglieremo l’auto blu ai politici, ma lasceremo gli appartamenti ultrafighi ai generali. Non mi sembra propriamente una buona strategia.