Per i cappellani ospedalieri e le religiose presenti negli ospedali e nelle case di cura, ma anche per il personale sanitario, viene avviato il primo master universitario che intende ampliare coordinare l’approccio medico tecnico-scientifico con la dimensione spirituale. L’iniziativa è stata illustrata dalla Diocesi a Palazzo Lombardia nel corso del convegno “La spiritualità nella cura”, organizzato in collaborazione con la Regione Lombardia. All’incontro sono interventi l’Arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini e il cardinale Angelo Scola (Vescovo emerito), il presidente Regione Lombardia Attilio Fontana, l’Assessore al Welfare Regione Lombardia Giulio Gallera, Elena Vegni, docente di Psicologia Clinica, Luca Degani, Presidente UNEBA Lombardia e mons. Luca Bressan, Vicario Episcopale della Diocesi di Milano. Il master “La spiritualità nella cura”, promosso dall’Istituto superiore di scienze religiose e dalla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale con il patrocinio della Conferenza episcopale lombarda partirà a gennaio, avrà durata biennale e si svolgerà attraverso lezioni teoriche (270 ore), teorico-pratiche (48 ore), stage in ospedale o struttura assistenziale (100 ore), elaborato finale (96 ore). I partecipanti al termine, conseguiranno un titolo e, in particolare, medici e infermieri potranno ottenere crediti formativi E.C.M. (Educazione continua in medicina) validi ad assolvere agli obblighi di aggiornamento professionale. Per affrontare i grandi cambiamenti che, da un lato lo sviluppo scientifico e dall’altro i cambiamenti sociali impongono, la Diocesiin accordo con le altre Diocesi della Lombardia – viene ricordato – sta cercando di riqualificare la sua capillare presenza nei luoghi di cura. E come auspicato dall’Arcivescovo Mario Delpini nella sua recente Lettera a un medico (Stimato e caro dottore…, Centro Ambrosiano, ottobre 2019), il punto di partenza è proprio la formazione. «La Chiesa cattolica è convinta che i grandi passi compiuti dalla ricerca scientifica e medica possano dare ancora più frutti se inseriti in un orizzonte di senso che può far crescere la società nel suo complesso. Per questo la comunità ecclesiale è, da tempo, impegnata a rivisitare le proprie pratiche di assistenza religiosa. Si tratta di ripensare figure e gesti, riti e relazioni, per poter stare dentro l’esperienza della malattia in una modalità pienamente umana. La malattia coinvolge il malato, ma chiama attorno alla persona malata familiari, medici, personale sanitario, volontari, figure religiose. Aiutare le persone che operano con i malati a percepire la profondità della professione che svolgono, aiutarli a vivere questa professione come una vocazione, va di pari passo con la riscoperta della centralità della dimensione spirituale», ha sottolineato monisignor Mario Delpini. «Nonostante i grandi progressi della scienza, la cura è sempre accompagnamento, perché l’io è sempre un essere in relazione. Ogni richiesta di salute è in fondo una domanda di salvezza. Rimane decisiva allora l’alleanza tra malato, medici, familiari, assistenti spirituali. Il corso cercherà pertanto di formare figure con questa prospettiva globale, in una dimensione unitaria di anima e corpo, che il progresso della tecno-scienza, prolungando la vita, mette sempre più in evidenza. Naturalmente occorrerà farlo in dialogo con i credenti di diverse religioni e anche con chi si professa agnostico o ateo», ha sottolineato il cardinale Angelo Scola.