L’ultima – che a dir la verità non è neppure nuova – è questa cosa del voto ai 16enni. In questa nuova stagione di Pane al Pane, e di Pinocchio, spesso mi sono dilungato, provando a sottoporvi anche argomenti complicati nella spiegazione. Ma oggi no. Il mio giudizio su voto ai 16enni è il seguente: è una solenne cazzata. Cazzata. Non per colpa dei 16enni, beninteso, ma per colpa nostra, e dei politici, che vogliono usarli come pecore da tosare. Ma andiamo per ordine. Pensateci un po’ su: nel dopoguerra a 16 anni c’era gente che già aveva iniziato a lavorare da tre, quattro, cinque anni. A 18 si facevano figli, c’erano responsabilità, si prendeva casa. Adesso a 16 anni i nostri figli sono bambini a cui dobbiamo mettere il parental control per evitare che facciano cretinate sulla rete, a cui abbiamo dovuto imporre la scuola dell’obbligo prolungata, che non hanno responsabilità né economiche né di altro tipo perché noi non vogliamo che ce le abbiano. E va bene così, eh, perché non è che voglio spedire mia figlia Sofia in miniera a 12 anni. Detto questo, perché dovrebbero avere la responsabilità del voto? Di una cosa importante, importantissima come la decisione sul futuro del Paese? Solo perché gli adulti sono ormai in maggioranza astensionisti, visto che la politica li ha disgustati e le urne restano vuote? E’ come se un ristorante che serve solo porcherie, e dunque non ci va più nessuno, invece di servire cibo migliore, decidesse di cambiare clientela. Può funzionare, ma resta un ristorante schifoso. E non tiratemi fuori Greta e gli scioperi per il clima, perché a 15 anni manifestavamo contro Chirac e gli esperimenti nucleari di Mururoa, e ogni settimana c’era un motivo per protestare, anche se generalmente alquanto inutile. Dare il voto ai 16enni non è aiutarli, è usarli per fini elettorali. Trattarli come pecore, insomma, da tosare in attesa che diventino pecoroni.