È risaputo: la Lombardia è una delle maggiori piazze finanziarie d’Italia, un florido tessuto produttivo dove coesistono un numero elevato di piccole, grandi e medie imprese. Il rovescio della medaglia è che questo rende il territorio lombardo “un punto nevralgico per i maggiori traffici illeciti, transnazionali, esercitando un forte richiamo per le organizzazioni criminali sia autoctone che straniere, all’occorrenza alleate tra loro”. A farlo presente è la relazione relativa al secondo semestre 2018 sull’attività svolta dalla Direzione Investigativa Antimafia, che mostra come i settori commerciali più a rischio e con il più alto numero di provvedimenti prefettizi siano quelli della ristorazione, di giochi e scommesse, costruzioni, trasporto di merci e quello delle demolizioni. La criminalità organizzata, spiegano difatti gli investigatori, “ha perfettamente compreso quanto siano labili i confini tra attività lecite e illecite, inquinando il sistema economico” infiltrandosi nel mondo della Pubblica Amministrazione “anche grazie alla disponibilità di professionisti compiacenti”. Sempre più marcata appare la penetrazione nel sistema imprenditoriale lombardo da parte di cosche calabresi, sebbene anche le mafie di estrazione siciliana e campana siano in grado di esprimere la stessa minaccia.