Negli stessi tre-quattro secondi.
Da una parte, la professionalità di anni di studio, di mesi di preparazione per una singola performance. Il piano – e chi vi dice l’ha sperimentato, seppur a livelli infimi – è un dittatore feroce: richiede impegno, costanza, soprattutto pazienza. Da una parte, dunque, l’impegno e l’abnegazione di un pianista sul palco.
Dall’altra parte la coglionaggine di uno spettatore. Che ci ha messo trenta secondi a comprare un biglietto, o anche meno se ha fatto clic sul web, e non si è premurato di spegnere il cellulare in sala. Il cellulare squilla, il pianista si alza e se ne va.
Pare la metafora della vita. E pure della politica. C’è chi si sbatte dalla mattina alla sera e chi con un clic su Facebook rovina le reputazioni, scrive bestialità, ripropone cattiverie.
Ecco, l’unica soluzione sarebbe proprio quella: alzarsi ed andarsene.