Oggi vi racconto una piccola cosa che mi è successa l’altra giorno. Come sapete me ne vado in giro costantemente tra partiti, segreterie, eletti eccetera. E’ il mio lavoro, e mi piace. Mi piace vedere persone che hanno qualcosa da dire, o che pensano di aver qualcosa da dire. E che come la si giri o la si volti, sono là, in campo. Ora, la cosa che rilevo nei vari miei peregrinamenti è un refrain un po’ strano. Che è questo: chi ci mettiamo a candidarsi a sindaco in quel comune? Non abbiamo nessuno. Attenzione: non sto parlando solo di partiti in crisi, come Forza Italia o come il Partito Democratico. Ma parlo anche di partiti in grande spolvero come la Lega e il Movimento 5 Stelle. Il sindaco non è più un mestiere che attrae. E i partiti non attraggono. Una volta si facevano le primarie per scegliere i candidati. Oggi non si fanno le primarie perché sennò si dimostrerebbe che di candidati ce ne è uno solo, e pure quello mica troppo convinto. Siamo arrivati qui, insomma. E non è un bel segnale. Ma ci siamo arrivati scientemente. Solo un pazzo può non arrivare alla semplice conclusione che lavorare per quattro soldi, senza pensione, con il rischio concreto di pigliarsi un avviso di garanzia anche senza colpa, con rotture di palle da parte dei cittadini day by day, sette giorni su sette, con Facebook che diventa una fogna di commenti idioti, ecco solo un pazzo potrebbe pensare che tutto questo è bello. E visto che di pazzi, e di martiri, ce ne sono abbastanza pochi, e quei pochi molto spesso sono pure mediocri, forse sarebbe bene invertire la tendenza: tutele, stipendi, rispetto. E così andare a scegliere i migliori, e non solo l’unico, o l’unica, che ci sta ma che spesso non sa neppure dove sta di casa.