L’invidia è un sentimento che generalmente non mi appartiene, stasera però ho invidiato la creatività e l’arte di Francesco De Gregori e ho invidiato il talento dei musicisti che lo hanno accompagnato sul palco del Carroponte (da Guido Guglielminetti al basso, Paolo Giovenchi alla chitarra, Alessandro Valle alla pedal steel guitar e Carlo Gaudiello al pianoforte). Di fronte a qualche migliaio di spettatori (generazioni trasversali dai 20 ai 70 anni) De Gregori, come previsto, ha proposto canzoni meno conosciute e i classici del suo repertorio in una chiave più “country” per certi versi più essenziale (nella formazione non c’è la batteria). Per come intendo la musica in generale e in particolare i “live”, quando un artista riesce ad emozionarti tanto da farti venire un groppo in gola vuol dire che ha raggiunto il suo scopo. Il “principe” lo ha fatto con “La Lega Calcistica del ’67”, con l’omaggio a Dalla (accenno a Come è profondo il mare) di cui ha cantato “4/3/1943”, “La Donna Cannone”, “Alice” e “Rimmel” proposta nel bis finale. Non sono mancati altri classici da “Santa Lucia” a “Buonanotte Fiorellino” fino a “Titanic”. Nel bis anche una versione di “Anema e core” cantata con la moglie Chicca. Infine i calorosi saluti al numeroso pubblico, il pubblico milanese è esigente ma anche attento e preparato e questo De Gregori sembra averlo apprezzato.