C’era una volta la politica di sistema. Per una volta, parliamo di Milano. A me non piace la pornografia in politica. Non mi piace che si celebri acriticamente qualcosa. Mi piace vedere il buono, ma anche il brutto. E ultimamente Milano è un po’ come il calcio ai tempi di Van Basten: tutto bellissimo, tutto fantastico. Allora, lanciamo una piccola riflessione. Mi sembra proprio – ma è una opinione personale – che sull’ossessione, come la chiama Sala, per le periferie, manchi qualcosa. Qualcosa che si chiama unità. Il modo di procedere della giunta, purtroppo, è proprio quello di chi in periferia non ci vive. Quindi da una parte si muove il settore casa, con un difficile percorso di riappacificazione e collaborazione con Aler. Dall’altra parte si muove il settore urbanistica, con ipotesi (peraltro, ancora molto parziali) di ristrutturazione delle periferie come luoghi. Praticamente non pervenuti sono i progetti culturali (vantarsi per aver distribuito un milione di euro è risibile), che per far diventare centro le periferie sono fondamentali. A livello di servizi aggiuntivi laddove non ce ne sono, semplicemente non se ne è proprio sentito parlare. A volte basta una scuola di musica in un posto degradato per migliorarlo di un pochino. E poi magari di una piscina. E poi magari di una scuola. E poi magari di un parchetto. E poi magari di un’associazione. Il tutto ben collegato con i mezzi pubblici. Ecco, questa “unitarietà” non si sente perché forse non c’è. Allora, e qui mi appello al sindaco Sala, quello che mi piacerebbe sentire dal primo cittadino è un’idea di città. Anzi, un’idea di periferia. Unitaria. In cui si smetta di sparare cazzate sui diritti e si cominci davvero a costruire perché questi diritti trovino applicazione nella realtà.