Terrorismo, Halili e la rete di lupi solitari

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“Avevi promesso che non l’avresti fatto più e invece siamo di nuovo qui in questa situazione”. E’ una delle frasi pronunciate questa mattina, al momento dell’arresto, dalla sorella di Elmahdi Halili, il 23enne italiano di origini marocchine accusato di “partecipazione
all’associazione terroristica dello Stato Islamico”. Il blitz nella casa di Lanzo e’ scattato all’alba. Il padre, che fa il muratore ed e’ in Italia dall’89, ha inveito contro il figlio e la stessa reazione ha avuto la sorella. La madre e il fratello minore, che come Halili è un perito elettronico, al contrario sono rimasti in silenzio. Una volta portato in questura a Torino, il 23 enne si e’ agitato, urlando frasi in italiano e arabo.
“Vado in prigione a testa alta, giuro su Allah tiranni che non siete altro”. Il ragazzo, come appurato dagli inquirenti, trascorreva ore sul web, dove aveva creato una fitta rete di contatti, sia italiani che esteri. In molti casi si trattava di personaggi vulnerabili, con alle spalle situazioni familiari difficili, che si erano convertiti all’Islam e che come lui studiavano da “lupi solitari”.  Alla base dell’ideologia la convinzione che “i cittadini di uno Stato che non si oppongono alle politiche governative di attacco alla religione islamica sono obiettivi da colpire”. Senza alcuna distinzione tra militari e civili, come provano i messaggi sugli attentati in Francia, Belgio e Bangladesh.

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