C’era una volta la verità e i giornalisti.
Ora, io non so chi siano quelli che continuano a scrivere che la sorella della Boldrini, che il figlio del fratello della Boldrini, che la zia della Boldrini e tutti gli altri guadagnano mille migliaia di miliardi al giorno per non fare niente. E non parlo degli insulti ai vari leader politici. Parlo proprio di quei simpatici cartelli che girano su Facebook con presunti scandali e tutto il resto. Quelli che cercano di ottenere condivisioni e like. Io non so chi li scrive, perché evidentemente devono essere dotati di fantasia. E non mi sta neppure simpatica la Boldrini, figuratevi. Ma il fatto che dica a volte delle cazzate non giustifica a dire delle cazzate false su di lei e su persone della sua famiglia che manco esistono o che sono morte. Questo vale per la Boldrini, vale per Berlusconi, vale per Renzi, vale per Salvini e vale per tutti i 5 Stelle. E vale anche per i giornalisti e le procure, che a volte mettono in giro frammenti di carte giudiziarie atte a screditare. Un esercizio che esiste da sempre, ma che nella repubblica dei social, diventa fin troppo facile da attuare. Guardiamo quello che è successo a Mantova, dove è stata distrutta a mezzo stampa la vita di un sindaco perché sono state fatte uscire informazioni non verificate dalla procura tramite i giornali. Non sono operazioni diverse da quelli che scrivono che il nipote della Boldrini è stato assunto a mille miliardi di euro dalla Camera, ben sapendo che la Boldrini non ha nipoti che lavorano alla Camera. Sono la stessa cosa, più raffinata. Falsità dipinte da certezze.