I 60 anni del lancio di Laika, la cagnolina sacrificata nello spazio

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«Se la cagnetta Laika avesse potuto decidere per sé, avrebbe scelto di vivere. Se la cagnetta Laika avesse potuto decidere per sé, non avrebbe mai scelto di entrare nella storia come il primo essere vivente a “conquistare” lo spazio. E a morirci». Così la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi, ricorda la condanna a morte della cagnolina avvenuta il 3 novembre 1957 con il lancio dello Sputnik 2. «In questa storia, che viene spesso citata come il simbolo dello spirito pioneristico dell’uomo e del nostro desiderio di conoscenza, non c’è nulla di edificante. Anzi. La povera Laika è il simbolo della nostra volontà di dominio sulle altre specie. Perché – prosegue Rocchi – non c’è nulla di nobile nel condannare a morte una cagnolina, costretta a morire in modo atroce in un ambiente innaturale. E tutte quelle celebrazioni postume, dai francobolli alla fotocomposizioni evocative, mi sembrano decisamente ipocrite; un tentativo non riuscito di pulire le nostre coscienze». Un tentativo tanto più ipocrita in quanto anche oggi gli animali continuano a morire nello spazio, come la scimmia lanciata in orbita dall’Iran. «E allora – conclude la presidente nazionale di Enpa – l’unico modo per rendere veramente omaggio alla memoria della povera Laika è quello di trasformare il 3 novembre in una giornata dedicata a tutti gli animali uccisi dall’uomo per i lanci nello spazio, per i laboratori di ricerca, per gli allevamenti, per le strutture della cattività. Perché la cagnetta Laika non simboleggia altro se non la volontà di potenza che la nostra specie ha la pretesa di esercitare su ogni altro vivente. Una violenza sconfinata di cui soltanto gli uomini sono capaci».

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