Il livello idrometrico del fiume Po è sceso due metri e mezzo sotto lo zero idrometrico (-2,59 alle 8 di questa mattina, martedì 13 giugno), un metro e venti centimetri in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno per effetto di una primavera che in Italia si classifica come la seconda piu’ calda e la quarta piu’ asciutta dal 1800. E’ quanto emerge da monitoraggio della Coldiretti al Ponte della Becca (Pavia) che lancia l’allarme siccità nelle città e nelle campagne con le precipitazioni che sono in primavera quasi il 50% inferiori rispetto al periodo di riferimento dopo un inverno particolarmente asciutto con un deficit idrico del 48%. Lo stato del piu’ grande fiume italiano – sottolinea la Coldiretti – è rappresentativo della crisi idrica del Paese, anche perchè dal bacino idrico del Po dipende il 35% della produzione agricola nazionale. Ad essere in difficoltà non sono solo le coltivazioni. In molti Comuni dell’areale sono stati invitati i cittadini a non sprecare acqua, mentre autobotti sono in azione per dare un aiuto ai paesi più in difficoltà. Lungo la Penisola con il grande caldo gli agricoltori – continua la Coldiretti – sono già dovuti ricorrere all’irrigazione di soccorso per salvare le coltivazioni, dagli ortaggi alla frutta, dai cereali al pomodoro, ma anche i vigneti e il fieno per l’alimentazione degli animali per la produzione di latte per i grandi formaggi tipici dal grana padano al parmigiano reggiano fino alla mozzarella di bufala.
L’Italia – sottolinea la Coldiretti – è a secco e se l’Emilia Romagna ha richiesto addirittura al Governo lo stato di emergenza la situazione è preoccupante dal Veneto al Piemonte, dalla Lombardia alla Liguria, dalla Toscana al Lazio, dall’Umbria alla Calabria, dalla Campania alla Puglia, dalla Basilicata fino in Sicilia e Sardegna. Le anomalie climatiche della prima parte del 2017 hanno già provocato danni stimati dalla Coldiretti in quasi un miliardo di euro. In Sardegna – sottolinea la Coldiretti – l’assenza di piogge sta condizionando tutti i settori agricoli, con perdite nella produzione di oltre il 40% mentre in Veneto si parla di poche settimane di autonomia mentre in Toscana scarseggiano anche i foraggi per il bestiame e crolla la produzione di miele.
Ma la situazione è drammatica a macchia di leopardo lungo tutta la Penisola.