C’era una volta l’ipocrisia

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C’era una volta l’ipocrisia. E l’ipocrisia è qualcosa che non ammetto minimamente. Se c’è una cosa che proprio mi infastidisce è la “narrazione”, come si dice oggi, ovvero l’invenzione, la falsità e in definitiva la menzogna spacciata per verità. E allora vediamo due esempi di narrazione. La prima riguarda Taormina. Si sono trovati al G7 i potenti della Terra. Hanno blindato tutto, hanno discusso e non hanno trovato l’accordo su niente. Alla fine la Merkel esce fuori e dice che la colpa di tutto è di Trump e che l’Europa deve pensare al proprio destino. E allora, dico io, perché l’Europa non ha preso una posizione comune sul clima, tanto per cominciare? O perché non riesce a trovare una posizione comune neppure sulla politica economica? La verità è che dare la colpa a Trump, che pure è un irresponsabile, viene comodo. Anche per quei due fighetti del presidente canadese e di quello francese. Seconda ipocrisia. In questo periodo molte aziende mi contattano perché sono nelle peste: con le direttive dell’Autorità Nazionale Anticorruzione devono compilare un milione di moduli per lavori anche di piccolissima portata. Il bello è che l’ANAC non è che li prescrive, sono gli enti che per evitare di avere problemi, fanno compilare di tutto agli imprenditori. Li obbligano a mettere bolli come se fossero francobolli sulle cartoline, e alle file in Tribunale o all’Agenzie delle Entrate. Come se la mafia o la corruzione fossero problemi che si risolvono aumentando le scartoffie firmate. Perché, pensate che un mafioso non è capace di mettere su una azienda in regola? Ma li pensate così deficienti? Però, per pararsi il culo, adesso gli enti fanno così, per avere l’alibi di poter alzare le mani e dire: “Io ho fatto di tutto per controllare”. Ma chi volete prendere in giro? Ecco, questa è l’ipocrisia al potere.

 

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