C’era una volta un Paese che guardava a quei ragazzi. Quelli morti, di Manchester. Generalmente non commento gli attentati. E non commento cose che non appartengono al territorio, alla città di Milano, alle nostre vite e alle nostre porte di casa. Solo che questa volta non me la sento di parlare delle vicende, anche importanti, di Milano. Perché questa è forse la prima volta che la violenza è selettiva. Seleziona e distrugge esattamente. Distrugge la gioia e il futuro. Chi è genitore sa la fatica di allevare un figlio. L’attenzione costante. Quel pensiero residente nella memoria e nel cervello ogni istante del giorno e della notte. Non c’è bisogno di dire altro, perché tutti quelli che hanno un figlio lo sanno. E tutti quelli che hanno un figlio, e sono degli esseri umani, sanno che anche il figlio dell’altro, di qualunque colore esso sia, di qualunque credenza, religione o fede politica, è il frutto di un percorso analogo. Un essere umano genitore non uccide i figli degli altri se non in guerra, quando ogni convenzione, ogni tenerezza, ogni umanità abbandona la realtà. E allora, la vera domanda, oggi, è una sola: siamo in guerra? Siamo anche noi disposti a perdere la nostra umanità per reagire? Io non lo so.