C’era una volta un Paese nel quale c’era un tipo di carriera nella quale i successi non avevano particolare rilevanza. Così come gli insuccessi. Questa carriera è quella del magistrato. La giustizia in Italia è un colabrodo, e mi piacerebbe che il candidato del Pd alla segreteria Orlando, che peraltro di mestiere fa il ministro della giustizia, dicesse qualcosa e soprattutto proponesse qualcosa su questo. Ora, in Italia la stragrande maggioranza dei giudici e dei pubblici ministeri è gente che fa onestamente il proprio lavoro. Non si credono rambo, e non si credono gli unti da Dio. Semplicemente, lavorano come matti perché solo chi è stato in Tribunale una mattina qualunque può capire che cosa vuol dire vivere e operare in un girone infernale con milioni di cause, ognuna delle quali rappresenta un punto delicatissimo nella vita di qualche persona. Poi, però, ci sono anche altri magistrati. A Trani, qualche anno fa, le società di rating, che sono quelle che “giudicano” la qualità di questa o quella società, e anche degli Stati – per inciso: società che io detesto – sono state messe sotto processo. A Trani, Puglia. Il Tribunale ha assolto tutti con la formula più ampia. Da notare che alla sbarra c’erano i responsabile mondiale, e sottolineo mondiale, di Standard and Poor’s. A me di questo tizio non frega niente, ma provate a pensare a che figura abbiamo fatto noi come Italia, come sistema Italia, e dunque come sistema anche giudiziario, a mettere sotto inchiesta gente di quel calibro e a uscirne con le ossa rotte. Conseguenze per il pm? Nessuna. Ovviamente. Immaginate il presidente di Standard&Poor’s quando fa viaggi, colloqui, interviste, che cosa penserà del nostro Paese. Penserà probabilmente che la giustizia non funziona, anche facendo torto alle migliaia di magistrati che fanno il loro lavoro. Ma purtroppo avrà avuto ragione.