“Duecento produttori, mille etichette in degustazione: i numeri sono quelli di un comparto in costante crescita, in termini produttivi e di valore. Quest’anno abbiamo cercato di porre l’attenzione su un dato fondamentale, la crescita delle esportazioni. La Lombardia, prima in assoluto per produzione di qualita’, si avvicina al 90 % di denominazioni protette. In un contesto del genere i mercati che si aprono sono quelli internazionali, tanto che la crescita e’ esponenziale per export, per quantita’ ma non ancora valore come ci piacerebbe. La grande sfida sara’ quella di lavorare perche’ aumenti valore del venduto e non solo la quantita’, credo ci siano le carte in regola per poterlo fare”. Lo ha spiegato l’assessore regionale all’Agricoltura Gianni Fava presentando oggi in Regione il padiglione lombardo a Vinitaly 2017, con Gian Domenico Auricchio, presidente di Unioncamere, e Maurizio Danese, presidente di Verona Fiere “Non c’e’ alternativa – ha proseguito Fava – il vino, la cui componente principale e’ la
suggestione, ha bisogno di una sana promozione. Fin qui e’ andata abbastanza bene, dobbiamo insistere: abbiamo messo quasi 13 milioni di euro sulle ultime quattro programmazioni. Un percorso accompagnato da politiche pubbliche, che ha generato incremento positivo dei volumi venduti e anche dei valori, aspetto su cui dobbiamo lavorare”. “Regione Lombardia si e’ data alcuni obiettivi e crede di averli in parte raggiunti – ha aggiunto Fava -. Per questa edizione le tre parole d’ordine sono qualita’, promozione e internazionalizzazione”. “Abbiamo chiesto di convocare una conferenza delle regioni agricole italiane per lunedi’ 10 aprile, ma gia’ oggi faro’ una richiesta specifica – ha annunciato l’assessore lombardo – . Il tema dell’arricchimento, considerato deroga straordinaria dalla normativa, e’ divenuto fatto ordinario. Noi abbiamo scelto in controtendenza, fatto che ci e’ costato critiche: abbiamo concesso arricchimenti solo in casi straordinari, perche’ puntiamo realmente alla qualita’. Chiedero’ formalmente che il 10 aprile si discuta su quale sia l’atteggiamento delle altre regioni: se vogliamo applicare interamente la norma e’ intollerabile che altri 20 soggetti in Italia facciano diversamente. Diversamente non lo facciamo neppure noi, e la qualita’ passa in subordine. E’ un punto fermo, non possiamo pensare che il tema non esista”. “Una sfida su cui non ci si puo’ fermare, occorre
insistere – ha aggiunto Fava – noi abbiamo messo a disposizione 13 milioni di euro per la promozione a livello internazionale, chi e’ incappato nel livello nazionale si e’ reso conto che ha trovato una strada sbagliata. Ci sono regioni che funzionano e sono piu’ vicine ai produttori, altre meno, ma non per questo il sistema regionale non funziona. Cosi’ come, d’altro canto, non si deve centralizzare un meccanismo che qui ha funzionato, anche se fino a un certo punto”. “Ci siamo collocati su segmenti di mercato piu’ basso, questa e’ la sfida: dobbiamo recuperare il valore. Esportiamo 5,6 miliardi, la Francia arriva quasi a 10 piu’ o meno con gli stessi quantitativi. Sono piu’ bravi? Io penso abbiamo venduto peggio, o abbiamo faticato a raggiungere certi mercati. Molti operatori, come quelli che abbiamo premiato, hanno migliorato la loro penetrazione nell’export. Nuovi mercati vanno cercati perche’ la qualita’ sia riconosciuta e sia remunerata in modo adeguato. Non abbiamo bisogno di nuovi marchi, ma di spingere perche’ quelli esistenti si affermino”. “Indubbio che il valore aggiunto sia il made in Italy, – ha osservato Fava – ma sono i singoli territori che possono e debbono affermarsi. Internazionalizziamo nel momento in cui riusciamo a farci conoscere, ma su una base precisa, la reputazione: devi dare garanzia al mercato estero di essere affidabile. Quando trovi la qualita’ la gente e’ disposta a pagarla, ma deve conoscere”. “Il 90 % delle produzioni ‘protette’ e’ il dato che piu’ mi piace – ha concluso Fava -, un circolo di qualita’ certificata, uno sforzo enorme non puo’ restare fine a se stesso: sono convinto che serva riportare anche il sistema dei consorzi a valorizzare seriamente il tema della qualita’, che non va relegato in una gabbia con regole eccessive. Vogliamo dare reddito alle imprese, remunerare in maniera adeguata le uve e consentire ai nostri contadini di continuare a operare”.