Matteo Negri da Lorenzelli Arte

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Inaugura il prossimo 23 marzo la mostra personale di Matteo Negri, l’artista milanese che usa il colore come fondamentale elemento di dialogo tra lo spazio e la forma e ne fa uno strumento di indagine della superficie e delle sue possibilità riflettenti. Le sue opere spaziano da installazioni di carattere ambientale, realizzate con specchi speciali e luci teatrali, a sculture in cui vengono impiegati materiali compostiti (resine epossidiche, silicone) sino all’acciaio e il piu classico bronzo. Curata da Pietro Gaglianò e Ivan Quaroni la rassegna dal titolo 17 sculture a colori pone l’accento sulla ricerca che Negri ha sviluppato nel tempo creando una propria grammatica formale e una logica linguistica, basata su una solida esperienza artigianale, tecnica e progettuale. L’artista ha ideato per gli spazi di Lorenzelli Arte due installazioni composte da 17 sculture, così come dice il titolo della rassegna, dove lo spazio e il volume sono sempre protagonisti e si relazionano attraverso il colore che crea connessioni per mezzo di vetri cangianti, acciai, specchi. Mediante la pratica della scultura, che si dilata, espande gli oggetti e capovolge i piani, e il disorientamento percettivo che ne deriva, Negri definisce relazioni, vicine e lontane, simbiotiche ma antagoniste, tra l’ambiente e il suo osservatore. Nella prima stanza della galleria 12 Kamigami – parola mutuata dal giapponese per definire l’infinitezza e la pluralità dello spirito – si compongono sulla parete in un’installazione di superfici tonde, cangianti, forate, incorniciate da acciaio a specchio. Una sorta di oblò ambigui che, rimanendo sculture uniche a parete, riflettono infinite prospettive e ribaltano lo spazio ponendo l’interrogativo sulla sua finitezza,. Nell’ambiente successivo la sensazione di spaesamento è determinata da una grande istallazione composta da cinque elementi: sculture in ferro e vetro di differenti dimensioni, costituite da lastre ad incastro che, come poliedri che si scompongono e ricompongono, producono innumerevoli riflessioni, rendendo le opere catalizzatori di infinite potenzialità visuali. Attraverso questi elementi installativi, quasi delle “gemme aperte” – afferma Negri – l’osservatore è chiamato in causa, mediante una lenta contemplazione, a determinare se stesso nella relazione con le opere e a ricostruire il rapporto che lo lega allo spazio. La mostra è accompagnata da un catalogo (Italiano, Inglese) edito da Silvana Editoriale con le riproduzioni a colori di tutte le opere esposte e i testi di Pietro Gaglianò e Ivan Quaroni.

Biografia

Matteo Negri è nato a San Donato Milanese nel 1982 e si diploma in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano nel 2003. Il suo lavoro d’artista prosegue negli anni successivi con numerose istallazioni per mostre in gallerie private, pubbliche e per fiere in Italia e all’estero (incluse Parigi e Berlino). La sua ricerca artistica si concentra sull’utilizzo di materiali plastici che lavora in modo eclettico passando dalla pietra alla ceramica alla resina, utilizzando colori pop come strumento espressivo per eccellenza. L’artista dopo una breve ricerca sui motori ad iniezione recuperati da iniziali situazioni di abbandono, emerge con una serie di mine sottomarine in ceramica smaltata, con colori tipicamente pop che le rendono oltremodo luminose. Le bombe finiscono così per somigliare a bizzarri gioielli, che assorbono nella seduzione della forma e del colore la violenza insita nella loro funzione. Ma questa scissione tra forma e contenuto ricorda appunto alcuni meccanismi della retorica pop, che tramite la riproduzione ingigantita degli oggetti spostava l’attenzione dello spettatore dall’originale destinazione d’uso alla seduzione meramente estetica del simulacro. Dopo la serie dedicata alle mine, l’artista crea un nuovo ciclo di opere che hanno come protagonista il Lego, noto mattone colorato, che assume il ruolo di archetipo della creatività per la possibilità di costruire e creare insita nell’oggetto (il lego), e per la conversione dei valori acquisiti diventando oggetto artistico. Attraverso le modifiche e le manipolazioni, il lego cessa di essere una forma e diventa una metafora della soggettività (l’Ego). Matteo Negri vive e lavora a Milano (Italia).

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