Sono passati 25 anni. Era il 24 Novembre 1991 quando una doppia triste notizia colpiva duramente il mondo del Rock…
Ci lasciava FREDDIE MERCURY, l’indimenticato e indimenticabile frontman dei QUEEN e una delle voci rock per eccellenza di sempre. Molti si dimenticano però che quello stesso giorno se ne andò un altro grande della musica rock, il batterista ERIC CARR, “La Volpe” dei KISS, dopo aver perso la sua battaglia contro un tumore al cuore (esteso ai polmoni) durata oltre un anno. Non stava bene da un po’, ma era in tournèe in quel periodo, e uno tenace e ligio agli impegni come lui, mai avrebbe lasciato a piedi la sua band… così scelse di tenere botta e quella diagnosi tardiva gli fu purtroppo fatale. Il 9 Novembre 1990 tenne il suo ultimo storico concerto con i suoi Kiss, all’amato e leggendario Madison Square Garden in quel di New York City, la sua città, la stessa in cui i medici provarono a curarlo….
Nato – il 12 Luglio 1950 – e cresciuto in quel di Brooklyn, Paul Charles Caravello, questo il suo nome di battesimo, proveniva da una famiglia di origini italiane. E di italiano non portava solo il cognome, ma anche la sua grande passione per la pizza, il caffè nero bollente e la pasta al pomodoro con le meat balls!
Iniziò presto a suonare “il tamburo”, dopo essere rimasto folgorato dai Beatles in tv all’Ed Sullivan Show a metà degli anni 60, anche lui come molti altri futuri musicisti americani, tra cui gli stessi Simmons e Stanley. Per guadagnarsi la sua prima batteria (e qualche anno dopo anche il suo primo furgone, perché si sa il batterista ha sempre “il mezzo più grosso”!) nel dopo-scuola si impegnava ad aiutare il padre Albert a fare vari lavoretti: sgomberi di scantinati, riparazioni di stufe e frigoriferi e tutto quello che capitava… Sin dai tempi delle elementari formò le sue prime band, tra cui Cellarmen e Salt & Pepper, anche se con loro non si spinse mai oltre il circuito dei piccoli club da Top 40 Band, quelle che allora proponevano a rotazione set di cover dei brani in classifica (dal rock alla disco music). Con i CREATION, uno dei suoi numerosi gruppi, nel 1974 rimase addirittura coinvolto in un brutto incendio divampato proprio durante il loro concerto al Gulliver, un locale nella periferia di NY, zona Westchester… 24 giovani persero la vita tra quelle fiamme, ma per Paulie (così amava vezzeggiarlo la madre Connie) il destino aveva ben altri progetti.
Una bella favola rock…
Nell’estate del 1980 un amico informò Paul che i Kiss, avendo licenziato Peter Criss a fine Maggio subito dopo la pubblicazione dell’allora ultimo album “Unmasked”, stavano cercando un nuovo batterista da inserire nella line up per l’imminente tour e anche per gli anni a venire. All’epoca non c’era internet, quindi gli annunci sulle riviste, alla radio o in tv costituivano l’unico possibile tam tam di diffusione anche delle notizie di questo tipo, oltre ovviamente alle voci più o meno di corridoio “nell’ambiente musicale”.
Mr Caravello ebbe dunque, come nella migliore delle favole a lieto fine, quella fatidica dritta che di lì a poco gli avrebbe cambiato la vita, un po’ sul filo di lana, quasi fuori tempo massimo, e proprio per questo decise di andare a consegnare il suo plico di persona negli uffici newyorchesi del famoso management dei Kiss diretto da sua maestà Bill Aucoin. Una demo-tape, un breve curriculum biografico e 4 foto, il tutto sigillato in una busta arancione fosforescente, tanto per essere quanto meno sicuro di catalizzare l’attenzione. Scelta vincente, impresa riuscita: si dice che i Kiss avessero ricevuto in un paio di settimane circa 2000 candidature ma quella di un certo Paul Charles, decisamente sgargiante, si fece notare eccome nel mucchio!
Da una pesante scrematura, vennero selezionati circa 200 batteristi poi convocati e incontrati tutti dal management, tanto per capire meglio se rispecchiassero o meno i requisiti richiesti: capelli lunghi, bella presenza, attitudine rock, uso del doppio pedale, bella voce (per cori e alcuni brani solisti) e assolutamente nessun tatuaggio appariscente che potesse far ricondurre all’identità del batterista in questione! Eh già, perché i Kiss all’epoca erano mascherati e nessuno conosceva i loro veri volti e le loro reali identità. Senz’altro un vantaggio questo per Paul Charles Caravello, musicista allora sconosciuto e per questo, una volta tanto, paradossalmente, con una marcia in più: su quel nastro decise di mettere in mostra le sue doti canore e batteristiche incidendo 2 tracce allora freschissime dei Kiss, “Torpedo Girl” (un brano batteristicamente complesso) e “Shandi” (il singolo di allora in cui offrì anche la sua performance vocale), più 2 brani extra, “The Cradle Will Rock” dei Van Halen e “You Really Got Me”, dei Kinks ma nella versione sempre dei Van Halen. Dei 200 candidati ne vennero selezionati una trentina che affrontarono le vere e proprie audizioni con la band… E anche Eric, sempre più sorpreso ma ottimista, fu tra i pochi eletti al di fuori dalla ristrettissima cerchia di amici/parenti/collaboratori della band a poter vedere i Kiss senza trucco e suonare con loro!
Per i provini venne scelta una mini scaletta efficace e strategica in modo da poter individuare velocemente l’uomo giusto: ”Detroit Rock City”, “Strutter”, “Firehouse”, “Rock And Roll All Nite” e “Black Diamond” (in quest’ultima il candidato di turno avrebbe anche dovuto cantare da solista). Il buon Caravello alla fine della sua audizione, poco prima di lasciare lo studio, riverì Stanley, Frehley e Simmons chiedendo i loro autografi come ricordo di quella magnifica giornata irripetibile, certo appunto che per lui quella sarebbe stata la prima e ultima volta con i Kiss…. Non proprio… A colpire i tre, oltre al suo drumming stellare, robusto e potente e alla sua bella voce rauca, furono anche la sua preparazione impeccabile, la sua umiltà, il suo buon carattere e la sua attitudine che “faceva gruppo”. Qualche giorno dopo, Carr fu infatti riconvocato al volo ed era proprio lui uno dei due finalisti da risentire prima della fatidica decisione: Caravello vinse la sua sfida sul rush finale (le note di “Calling Dr Love” e “I Was Made For Loving You”) contro un altro batterista maiuscolo e dal caliente sangue italoamericano: Mr BOBBY RONDINELLI, di lì a poco comunque ingaggiato da Richie Blackmore nei RAINBOW, quelli del periodo Joe Lynn Turner (“I Surrender”, “Stone Cold” e dintorni). Bobby diventò poi anche uno dei session man più quotati e richiesti degli anni 80 tra Scorpions, Quiet Riot, Doro Pesch, Axel Rudi Pell e Blue Oyster Cult, per citarne soltanto alcuni…
Ma torniamo alla volpe…. Già “La Volpe”, ovvero la stage-persona scelta per Eric Carr, il nome d’arte definitivo, dopo che venne scartato quello di Rusty Blade, sua prima scelta, e poi da lui comunque usato nel corso di tutti gli anni 80 per registrarsi in incognito negli alberghi durante i vari tour. L’ispirazione del suo personaggio arrivò come un fulmine a ciel sereno dalla favola di Pinocchio (dopo il Gatto, non poteva che arrivare la Volpe!) e in seguito ad un primo tentativo fallimentare di travestire Eric da Falco: “sembrava più un fagiano travestito da pappagallo che un falco!” a detta di Paul Stanley, il quale tirò fuori dal cappello la nuova idea, in seguito ad un’intuizione forse dettata dalla sana disperazione dopo giorni ininterrotti e notti insonni di scandalose prove trucco e costume. D’altronde l’esordio della nuova line up al Palladium di New York fissato per il 25 Luglio 1980 era ormai alle porte…
Per ironia della sorte, appena 3 anni dopo quel delirio interminabile a caccia del nuovo personaggio, i Kiss escogitarono – per rilanciare una carriera ormai in declino – di smascherarsi sulla copertina di “Lick It Up” (1983), su cui apparivano per la prima volta con i loro veri volti. Quindi, per lo più senza quel famoso trucco, ma pur sempre con la sua folta e voluminosa chioma riccia (che guai a toccargliela… beh, io potevo ma questa è tutta un’altra storia), Eric Carr incise con i Kiss 7 album in studio (dal 1981 al 1989) affrontando “a bacchette alte” numerosi tour in tutto il mondo.
In Italia arrivò per la prima volta proprio a pochi mesi dal suo ingaggio nel 1980 con il tour di “Unmasked”, primissimo dei Kiss in Italia, con gli Iron Maiden ancora in erba di spalla.
Il suo battesimo del fuoco in studio fu di lì a poco il concept “Music For The Elder” (1981), il più discusso album dei Kiss: il meno venduto della loro storia, l’unico a cui non seguì mai un tour, il peggiore a detta di molti, senz’altro il più epico e monumentale a detta di tanti altri. In ogni caso un disco epocale, sotto molti punti di vista…
E come dimenticare poi il drumming imponente di Eric Carr su “Creatures Of The Night” del 1982: sin dalla rullata iniziale della title track ti colpisce come un pugno nello stomaco e ti lascia senza fiato… il suono del tuono… Non a caso durante quel tour piazzarono Eric con la sua immensa batteria sopra un carroarmato, e poi nel 1988, per “Crazy Nights”, sul suo kit Ludwig campeggiava il simbolo giapponese di potenza, “Chikara”…
La Volpe era l’esatto opposto del Gatto che tanto avevamo amato, nella vita come dietro le pelli: Criss col suo stile disordinato e nervoso, jazzato per antonomasia nella sua totale imprevedibilità, era del tutto ingestibile e la sua natura istintiva graffiante finì per diventare la sua condanna affossandolo in quei limiti che di fatto non gli interessava per niente di superare, perché lui aveva altri pensieri, altre priorità (donne, alcol, droga, il poker, la sua carriera solista)… Carr invece era una macchina da guerra con due attributi così, un rock drummer a tutto tondo, puro fino al midollo, nella pacca, come nell’attitudine e nello spirito… La sua forza era nella sua forte passione, che era l’estensione della sua anima…
Eppure soffriva molto di non essere il batterista “originale” dei Kiss e cercava di esorcizzare questa sua frustrazione coccolando i fans all’inverosimile, con il suo bel sorriso sempre presente, e con la sua infinita disponibilità, perché Eric era un animo buono (“io non dimentico da dove vengo”, ripeteva sempre). E perché lui desiderava ardentemente di sentirsi accettato e lo faceva star bene poter restituire qualcosa dopo essere stato così baciato dalla fortuna.
C’era però quell’alone di malinconia, che lo rendeva ancora più autentico e forse lo faceva pestare con ancora più grinta, quasi rabbia… A dispetto infatti di quel suo dimostrarsi sempre un giullare allegro, e benché tra le sue doti spiccate ci fosse anche quella di saper tenere alto l’umore della ciurma con i suoi scherzi e le sue battute, Eric nel profondo era combattuto, in particolare dall’essere stato ingaggiato dai Kiss (rimasti purtroppo scottati dopo l’esperienza drammatica con Peter Criss, preso appunto più nel vortice di alcol e droga che dalla passione per la musica) e quindi la band della vita, come “hired gun”, quindi come musicista stipendiato, senza un potere decisionale, almeno sulla carta… ma si sa carta canta… Eric clamorosamente non è mai stato quindi un effettivo membro dei Kiss, non aveva voce in capitolo nelle riunioni di gruppo né tanto meno un peso a livello creativo a tutti gli effetti, così come ogni musicista avvicendatosi alla corte dei Kiss dal 1980 in poi. Al di là di rarissime eccezioni (tra cui “Under The Rose” e “All Hell’s Breakin’ Loose” per citarne un paio), i suoi brani proposti durante le session di registrazione dei vari album venivano quasi sempre scartati…
Sempre lui però, il destino, volle che durante le registrazioni del suo ultimo album con i Kiss, “Hot In The Shade” (1989) non solo venisse scelto un brano a firma Carr ma gli fosse offerta finalmente l’opportunità di scriverne il testo e di cantarlo da solista… Finalmente un pezzo tutto suo dopo che per anni aveva prestato la voce alle varie “Black Diamond”, “Beth” e “Young And Wasted” degli altri! Si tratta di “Little Caesar”, nata originariamente col titolo di “Ain’t That Peculiar” ma poi trasformata, su input di Simmons, nel brano in cui Eric canta degli anni di gioventù fatti di grandi sogni e vissuti malcelando il suo cuore tenero dietro alla scorza dura da bullo pestifero di periferia, piccolo ma tanto GRANDE… Già, il primo brano tutto suo su un disco dei Kiss, e di nuovo, per ironia della sorte, praticamente un testamento…
Eric Carr è morto giovanissimo, a soli 41 anni, il 24 Novembre 1991 in ospedale, al Mount Sinai di Manhattan, dopo una lunga battaglia contro quel maledetto cancro al cuore che lui chiamava “Alien”. Nemmeno un intervento di 14 ore a cuore aperto e gli infiniti cicli di chemio purtroppo gli hanno dato scampo… finché un improvviso aneurisma lo ha condotto al coma profondo dandogli il tragico colpo di grazia…
La batteria era tutta la sua vita. Tra le sue influenze principali ha sempre citato Ginger Baker, Keith Moon, John Bonham, Lenny White e naturalmente Ringo Starr.
Il suo stile picchiaduro ma dal livello tecnico impressionante (ad esempio in pochi sanno che, pur essendo mancino, suonava da ambidestro), fu senz’altro pionieristico nei primi anni 80, e quella doppia cassa abbinata al suo perenne buon umore e a quel suo spirito tenace, hanno concorso in maniera fondamentale nel riportare i Kiss in auge. E questo Stanley e Simmons lo sapevano molto bene, non solo quando regalarono a Carr come bonus di ingaggio una Porsche 924 che Eric conservò come un gioiellino fino alla sua morte (auto oggi esposta presso il Kiss Museum del Monster Mini Golf di Las Vegas), ma anche e soprattutto dopo la sua scomparsa, quando decisero di scrivere alla rivista americana Rolling Stone un’accorata lettera (che riportiamo di seguito in versione integrale) in cui si dicevano dispiaciuti e scioccati dal fatto che la morte del loro batterista, un musicista così appassionato e cruciale, fosse stata bellamente ignorata da un magazine tanto puntuale e di rilevanza mondiale.
Al di là delle pagine della storia comunque, lo spirito di Eric vive nel cuore di milioni di fans che fieri celebrano ancora oggi, dopo un quarto di secolo, la sua memoria.
La famiglia Caravello, in primis la sorella Loretta e la madre Connie (purtroppo recentemente scomparsa) dal 1991 tengono vivo il ricordo e il talento di Carr attraverso vari progetti che fanno capo al sito ufficiale ericcarr.com. Tra le iniziative più significative il dvd documentario di 120 minuti “Inside the Tale Of The Fox” (2000) in cui viene scandita per immagini ed aneddoti tutta la sua vita, e il cd “Unfinished Business” (2011), una collection molto interessante di rarità ed inediti riarrangiati.
L’ultima collaborazione di Eric Carr con i Kiss resta immortalata nel videoclip di “God Gave Rock’N’Roll To You II”, colonna sonora del film “Bill & Ted’s Bogus Journey”, brano poi inserito anche nell’album “Revenge” del 1992, disco a lui dedicato e che si chiude in suo onore con la demo “Carr Jam 1981” (scritta agli albori con Ace Frehley) contenente un suo magnifico assolo di batteria, il suo marchio di fabbrica e una lezione di ritmo dal buon gusto. Eric volle ad ogni costo partecipare al video di quell’ultimo brano (dal titolo profetico, col senno di poi) nonostante fosse praticamente in fin di vita e nonostante il parere contrario dell’equipe medica che lo aveva in cura. Diede comunque il massimo durante quelle riprese, come sempre durante la sua carriera, anche se quelle parti di batteria erano state in realtà incise in studio da Eric Singer, il batterista che poi lo sostituì nei Kiss. Carr però cantò nei cori di quell’ultimo suo brano con la “sua” band, prestando una voce angelica che, ancora una volta, aveva quasi del profetico nelle timbriche e anche per questo trasmette dei brividi particolari, molto speciali… La sua ultima apparizione con i Kiss risale invece alla cerimonia degli MTV Video Music Awards del Settembre 1991, solo pochi giorni prima che un aneurisma e la conseguente emorragia cerebrale ce lo portassero via per sempre…
Eric Carr riposa in pace al Cedar Hill Cemetery & Mausoleum di Middlehope, Newburgh, New York.
…Chissà cosa ne sarebbe stato di Eric Carr se oggi fosse ancora nel mondo del rock. E chissà se mai sarebbe arrivata quella sensazionale reunion dei Kiss che li ha rilanciati nel grande firmamento delle star, portandoli a celebrare ad oggi oltre 40 anni di carriera… Nessuno può saperlo… ciò che è certo è che anche Eric Carr, proprio come il più celebrato Freddie, resta un musicista indimenticabile e indimenticato e uno dei migliori batteristi della sua generazione, capace di rinvigorire la musica dei Kiss con il suo drumming potente, di incantare i fans con le sue buone maniere e di toccare molti cuori col suo stile da class act, su e giù dal palco.
Mio idolo assoluto e mio caro amico speciale…
Rock in Peace Eric “The Fox” Carr!
Always missed! Never Forgotten…